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IL PACKAGING DELLE PERSONE E IL MERCATO DI NOI STESSI

 

 

 


Comunicare la moda è un pò comunicare se stessi. Non importa arrivare al paradosso di quei ragazzotti che affittano parti visibili del proprio corpo (ad esempio la fronte) per dare visibilità al nome di un brand, né occorre fare i sandwich man agli angoli di una strada, cuffie negli orecchi e cartello in mano. Noi facciamo promozione ad uno e più marchi ogni santo giorno indossando i nostri capi, le nostre scarpe, i nostri accessori. Promuoviamo quegli stessi marchi portando per strada, nei locali e nei luoghi d’aggregazione dei nomi, delle griffe o semplicemente uno stile che richiama qualcosa di preciso nella testa dell’osservatore.

Noi siamo spot ambulanti e tutto ciò ha una duplice valenza:
appaga il nostro ego e porta notorietà alla marca. Se è vero che nessuna informazione è presentata male o bene a priori, allora l’importante è presentarla bene o male, ossia confezionarla.  Il “confezionamento” di noi stessi è la moda.
La gran parte di noi, per esempio, avrà sperimento un colloquio per ottenere un nuovo posto di lavoro. Preparare il proprio curriculum è come preparare una brochure di noi stessi.

 

Perfino prendere lezioni di piano, piuttosto che andare in palestra, a scuola di ballo, dal parrucchiere, dall'odontoiatra, perfino dallo psichiatra è un lavorare per conto della nostra immagine, come un pubblicitario lavorerebbe su di un prodotto. Finiremo poi per comprare casa, macchina, a fare vacanze e a sceglierci  le amicizie - e probabilmente anche il compagno/a di vita - come un unico esteso progetto di advertising.

Perfino le discriminazioni sono importanti e fanno parte di noi:
ci compiaciamo di indossare e di apparire “differenti” da un altro gruppo sociale. Sosteneva Walter Block, geniale autore di “Difendere l'indifendibile”: “Per inciso, le spese maggiori (come percentuale del reddito) sotto la voce beni di lusso, come vestiario e automobili, nei gruppi più discriminati quali le donne e i neri, si spiegano proprio con la pubblicità. Essi ritengono di doversi impegnare in esborsi pubblicitari più sostanziosi per neutralizzare la discriminazione che subiscono”.

Ciascuno di noi è dunque, prima di tutto, un pubblicitario. E la moda è il nostro packaging, il nostro personale biglietto da visita al mondo. Noi “impacchettiamo” noi stessi come meglio possiamo. Perfino se non abbiamo un'occasione speciale (come una festa, un evento, un incontro romantico..) diamo particolarmente importanza a cosa ci mettiamo addosso, alla ricerca costante di mettere noi stessi in una buona luce. Oppure diamo ampio risalto al fatto di contestare la visione “classica” di moda comunicando con stili che tuttavia, a loro volta, diventano moda (es. emo, dark, punk, fricchettoni etc..). I più politicamente corretti, ribatteranno: ma un conto è la confezione, un conto è il contenuto! Non proprio. Che l'abito non faccia il monaco è una balla grossa quanto quella del riscaldamento globale. L'abito fa il monaco, eccome. Continua Block: “Non c'è modo di separare la confezione dal suo contenuto. Non esiste un modo per presentare l'informazione allo stato puro. Credere che la presentazione d'informazione possa esistere senza motivazione è una grossa sciocchezza”.

Via via che cresciamo indosseremo vestiti che valorizzeranno la nostra figura. Forse ci metteremo perfino a dieta per indossarli meglio, forse no. Come un depliant pubblicitario, i nostri indumenti hanno lo scopo fondamentale di raccontare una storia e attrarre l'attenzione. Più la moda che indossiamo sarà esclusiva, al passo coi tempi, originale o semplicemente bella e armonica a vedersi, più queste qualità potranno essere idealmente trasmesse alla nostra persona, come plus emozionali. E' lo stesso principio con cui si vendono prodotti fortemente “emotivi” come auto, gioielli, oppure un candidato politico: puntando sulla pancia, sull'emozione e non sulla ragione.

La moda ci è indispensabile per venderci e vendere una persona è perlopiù un fatto di cuore.  “Comprami, io sono in vendita” diceva la canzone. Tutti lo siamo. Che ce ne accorgiamo o no, che lo vogliamo o no. Grazie alla moda, che ci facilita questa vendita, rendendo il prodotto di noi stessi più appetibile tra gli infiniti scaffali del supermarket della vita.

D.M.

(articolo tratto da "Comunicando TP" - Organo Ufficiale dell'Associazione Tecnici Pubblicitari della Toscana)