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LA COMUNITA' E I SUOI NEMICI: UNA STORIA DI LIBERTA'

 

Il periodo storico nel quale la comunità ha avuto la massima ragion d'essere e il massimo splendore è il Medioevo, dove, per descrivere questo concetto, si usava la «metafora organicistica»: la comunità politica è come un organismo vivente, in cui ciascun organo dà il suo contributo specifico al bene generale, all'omeostasi, per dirla in termini biologici. Del resto, in una realtà come quella del 'periodo buio', in cui il popolo era per la maggior parte incolto e incontrava difficoltà a interloquire con il signorotto di turno al potere, un train-d'-union tra il potere e la società era inevitabilmente necessario.

Il 'vivere insieme', come sapevano già bene i greci, era una necessità fondamentale per l'uomo: Aristotele diceva: «l'uomo è un animale politico» che non è capace di vivere da solo perchè «per vivere - diceva questa volta Tommaso d'Aquino - ha bisogno di molte cose che non puo procurarsi da sè». Questa è stata e rimane tutt'oggi una grande verità, strettamente legata all'indole naturale del genere umano. Benchè questa necessità sia comune a tutti, risulta difficile trovare una definizione di comunità capace di sintetizzare tutte le varie posizioni in proposito. E una domanda sorge spontanea, osservando la società a noi contemporanea: dove si trova oggi la comunità?

 

Oggi la comunità è in crisi. Una crisi che «è il prodotto della storia e si trascina dall'epoca in cui venne stabilità la supremazia del potere centralizzante e dello stato assoluto». Un po' come se, improvvisamente, il cervello, direttore generale del nostro corpo, decidesse di declassare tutti gli altri organi, accentrando su di sè le varie competenze specifiche e riducendoli a semplici fruitori di un'offerta da lui prodotta.
In questo contesto, l'uomo diventa un puntino in mezzo a tanti altri, che vanno a comporre una "comunità" privata del suo senso intimo e basata solo sull'utilitarismo individuale e su meccanismi biecamente economici. Una comunità che dunque non è più tale, e si trasforma in collettività, perdendo sia la propria creatività che la propria anima.

Comunità, invece, è molto di più. Non è una realtà in cui l'uomo si annulla per diventare parte della massa, al contrario è il luogo dove l'essere umano arriva alla piena realizzazione della propria individualità, a patto che, ovviamente, non si pensi la comunità come «un'alternativa all'autonomia e alla libertà del singolo individuo» che devono restare al centro del discorso e dell'agire. E' una lettura terapeutica, quella del manuale del Professor Pupo: soprattutto per quelli, che sono convinti che sia necessario lasciare, nei limiti del possibile, che l'economia si occupi del mercato e che di valori e rapporti ricomincino ad occuparsene le persone. Dovremmo provare a sentirci parte di un 'noi' in una comunità di valori e di appartenenza per scoprire, magari, che è meglio che essere solo un 'io' de-indiviudalizzato. Solo che, nel mare magnum delle ideologie, dobbiamo saperci orientare e arrivare a scoprire che la comunità non è di coloro che, nella storia, più se ne sono appropriati, ma è di tutti coloro che credono nella libertà, nella libera scelta dell'uomo e nella tradizione. C'è di che rimanere stupiti.

Beatrice Pelini