E alla fine anche il Papa si convinse: l'Iraq? Meglio con gli alleati dentro.
<img src=”http://www.terra.com/addon/img/actualidad/131aa03papaguerranp.jpg” align=left>“Ora che il conflitto è terminato e che la coalizione ha riportato l’Iraq alla libertà, la Chiesa e il Papa prendeno posizione in maniera netta e definita contro l’idea di lasciare gli iracheni in balia dei nostalgici di Saddam e di alcuni fanatici sciiti.
Quelle che da tanti sono definite forze di occupazione, per la Chiesa devono restare lì dove sono, a completare l’opera di ricostruzione di un paese distrutto da trentanni di dittatura feroce.
Il Candore del Papa non si piega agli scopi della politica partigiana, ma guarda avanti, verso un orizzonte in cui la difesa dei diritti fondamentali dell’individuo puo essere portata a compimento, qualora sia necessario, anche con l’impiego controllato della forza.”<p>Minacce all’Italia in tempo di Pasqua. Roma nel mirino dei terroristi. I servizi di sicurezza che approntano controlli in piazza San Pietro per la Domenica delle Palme. Qualcuno suggerisce al Papa di indossare un giubbotto antiproiettili.
Giovanni Paolo II, grande uomo e grande religioso, si arma soltanto della parola di Dio e benedice la folla festante per la domenica che da molti è ricordata come quella dei ramoscelli d’ulivo.
La condotta del Papa, dall’11 settembre in poi, ha avuto un solo obiettivo: togliere agli estremisti malintenzionati qualsiasi alibi che faccia parlare di guerra di religione in Afghanistan e in Iraq. Non si tratta di guerre di religione. Quando Bin Laden parla di contrapposizione di culture e di saperi spirituali tra occidente e oriente, lo fa subdolamente, con l’intento di acuire gli scontri tra musulmani e cattolici che convivono (tra alti e bassi) in diverse società democratiche dell’Europa e dell’America.
La Chiesa e l’occidente in realtà lavorano per la pacificazione del medioriente. Il Papa, Karol Woytila, testimone del martirio di innumerevoli cattolici nel corso del 900’ e in questo primo scorcio di secolo, invoca la pace.
Sia ben chiaro, l’invocazione alla pace lanciata anche alla vigilia della guerra all’Iraq, non era un monito che escludeva l’ipotesi di un intervento militare misurato, laddove la situazione umanitaria di un popolo lo richiedesse. Era un intervento che si opponeva, più o meno discutibilmente, alla guerra in Iraq, aprendo un ventaglio di possibili conseguenze negative (specie per la popolazione irachena), qualora gli americani avessero affrontato il tiranno Saddam Hussein.
Pero, ora che il conflitto è terminato e che la coalizione dei willing, nel bene e nel male (più nel bene che nel male), ha riportato l’Iraq alla libertà, la Chiesa e il Papa non tentennano nel sostenere la definitiva pacificazione dell’Iraq e del medioriente, prendendo posizione in maniera netta e definita contro l’idea di lasciare gli iracheni in balia dei nostalgici di Saddam e di alcuni fanatici sciiti.
Quelle che da tanti sono definite forze di occupazione, per la Chiesa devono restare lì dove sono, a completare l’opera di ricostruzione di un paese distrutto da trentanni di dittatura feroce.
In tanti dovrebbero riflettere sulla più recente posizione del Papa e della Chiesa a riguardo della situazione irachena.
I diversi cattolici che prima dell’intervento militare hanno pensato (giustamente) alle sofferenze a cui sarebbe andata incontro la popolazione, senza pero ricordare le persecuzioni di Saddam Hussein contro gli oppositori al regime, agitavano lo spettro del solito intervento finalizzato alla conquista dei giacimenti petroliferi (ma quando mai…).
La richiesta del Papa di non lasciare andar via i soldati della coalizione impegnata in Iraq, la dice lunga sulle strumentalizzazioni di cui il Pontefice è stato fatto oggetto da un anno a questa parte. Sinistra e movimenti, più di ogni altro, hanno tirato per la veste Giovanni Paolo II. Il quale ha ammonito sì gli americani, ricordando loro che non possono sentirsi gli unici padroni del mondo ed esortandoli ad agire il più possibile di concerto con le altre nazioni democratiche, ma allo stesso tempo ha scosso le nazioni unite (Onu), affinchè gli stati che guidano il mondo non chiudano gli occhi sulle stragi di innocenti e si prendano la responsabilità di fare qualcosa di concreto, per ridare la speranza agli oppressi e ai maltrattati.
Ecco il candore del Papa: dire la verità, anche se scomoda, ed esprimere il proprio ripudio per la guerra ingiustificata. Candore pero che non si piega agli scopi della politica partigiana, ma che guarda avanti, verso un orizzonte in cui la difesa dei diritti fondamentali dell’individuo puo essere portata a compimento, qualora sia necessario, anche con l’impiego controllato della forza, secondo i canoni del diritto internazionale.
Il Papa è il leader più carismatico che sa parlare di vera pace, impegnando ciascuno ad una maturazione nel Cristo di giorno in giorno e nelle piccole cose della vita.
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Winston</p>
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