Gli eroi non albergano a sinistra

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<p>Riceviamo e pubblichiamo:
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Sono passati quindici anni dalla strage di Capaci. Giovanni Falcone e la moglie, insieme alla scorta, morirono nel far ritorno a casa.
Abbiamo assistito a molte commemorazioni di maniera ma nessuna rilettura critica della faziosità e del gossip malevole che accompagnarono gli ultimi anni della vita del giudice palermitano, nessuna scusa, nemmeno postuma e tardiva, nè dai colleghi, nè dagli amici nè dagli intellettuali del suo stesso pensiero politico.<p> Falcone, è vero, era uomo di sinistra ma innanzitutto era un UOMO. E per dirla come disse Leonardo Sciascia, altro martire silenzioso e silenziato dal regime culturale, Giovanni era un un UOMO tra i tanti “quaqquaraquà”.
La sua integrità, la sua coerenza, il suo coraggio civile lo portarono alla morte. Gli stessi valori portarono alla morte anche il suo amico, il suo amico di sventura, Paolo Borsellino, uomo di destra.
Un’amicizia ed un rispetto professionale, che intercorse tra due giganti del nostro tempo, che dovrebbe tutt’oggi far vergognare ed intimorire i molti, troppi nani amorali che infestano il nostro tempo ed il nostro Paese.
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Nell’Italia dei “giustizialisti rampanti” viene ancora impiegato e praticato l’assioma culturale teorizzato negli USA da un comunista tedesco, esule, libero, ricco e riverito perchè traditore del suo popolo e del popolo che lo ospito: Bertold Brecht. Questo mediocre drammaturgo, fatto diventare grande dalle trombe staliniste degli intellettuali organici (che imperversano da troppo tempo), affermava all’incirca così: “Meschino quel popolo che ha bisogno degli eroi”. (Ad ogni buon conto il Bertoldo B. intitolo il suo lavoro più famoso: “L’opera da tre (3) soldi”. Ebbe forse uno sprazzo di autocritica borghese?).
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<p> Invece abbiamo bisogno di Falcone, abbiamo bisogno di Borsellino e non perchè dobbiamo tributare stanchi e vezzosi rituali ad una memoria collettiva ma perchè ci danno una lezione pratica di democrazia e la loro esperienza umana e professionale traccia un percorso, non retorico ed autoreferenziale, di come si puo essere o diventare amanti degli interessi di tutti, compresi quelli che non sono ancora nati. Percio attenti alle celebrazioni, agli anniversari, alle inaugurazioni, ai ceppi e le targhe commemorative. Prima che essere commemorative degli Eroi con la E maiuscola, devono essere un piccolo o un grande tributo da pagare alla Vergogna che pare non albergare più nel Bel Paese.
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In questa ottica come giudicare la candidatura a sindaco di Palermo di Leo Luca Orlando, il supremo professionista, più professionale dell’Anti-Mafia e fine dicitore sudaticcio dell’insinuazione e del gossip contro Falcone?
Ad ogni buon conto io amo i fatti e sento il bisogno di raccontarvi che qualcuno di sinistra ha avuto il coraggio di fare autocritica con passione e tempestività (diciamo così). Ed è un giornalista che mi è molto simpatico dal punto di vista umano e che apprezzo, professionalmente parlando, anche se sono totalmente distante dalle sue prospettive: sto parlando di Sansonetti, oggi direttore di Liberazione.
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Nel 1992, Piero Sansonetti era giornalista all’Unità e con la dignità che gli apparteneva e che gli appartiene scrisse: «Questo giornale, negli ultimi mesi, e più di una volta, ha criticato Giovanni Falcone per la sua nuova amicizia con i socialisti e per la sua scelta di lasciare Palermo. E ha osteggiato la sua candidatura alla direzione della superprocura. In queste ore terribili una cosa l'abbiamo capita tutti, credo: Giovanni Falcone era un uomo libero. Abbiamo invece fatto prevalere il dubbio politico: forse non è uno dei nostri. Forse è politicamente ambiguo. Forse è il cavallo di Troia. E così abbiamo giudicato la sua scelta tattica una sorta di abbandono. Siamo stati faziosi».
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Prat
http://pratico.splinder.com
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P.S. Per Piero Sansonetti
Bravo Piero, ogni giorno capisco, sempre di più, perchè non guardi bene al Partito Democratico e perchè il tuo stipendio sarà sempre lo stesso. Un tuo affezionato avversario.
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