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LA CITTÀ LIBERTARIA: APOLOGIA DELL'URBANISTICA INDIVIDUALE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Traggo spunto da un episodio per una riflessione sugli spazi urbani e su come a mio avviso andrebbero gestiti. L'episodio in questione è un'opera d'arte, una scritta al neon, niente più di una grande insegna luminosa, fatta installare dal comune di Montemurlo (Prato) nella piazza centrale, come se fosse l'insegna di un nuovo museo sottostante. (per maggiori info: http://www.territoria.provincia.prato.it/it/venues/91-kings )
Non è mia intenzione entrare nel merito di una critica artistica che pure andrebbe fatta, dato che anche l'operazione in sé nasconde a mio avviso più l'obiettivo di pubblicizzare gli artisti, che non un vero valore culturale aggiunto per la città. O meglio, diciamo che sicuramente di innovativo in un neon non c'è molto: l'estetica è assolutamente sorpassata e di denuncia c'è ancora meno visto che la si realizza con la compiacenza e l'intervento delle amministrazioni pubbliche (ovvero i veri responsabili di ciò che l'opera vorrebbe denunciare); di dinamico e aggregativo nell'epoca dei flashmob e dei social network, anche in questo caso, proprio nulla.

L'episodio però mi da lo spunto di riflessione sulla pianificazione urbana delle nostre città.
Già, perchè questo vorrebbe denunciare la scritta in questione: “creare un terreno su cui ri-inventare i rapporti tra corpo individuale e corpo sociale, ma è anche un modo per ri-pensare allo spazio pubblico come spazio d’azione, capace di innescare un processo di cambiamento della struttura sociale in un organismo generatore di creatività” recita la descrizione on-line.
Ma possono i rapporti tra individuo e società circostante essere interpretati da un'opera d'arte leteralmente calata dall'alto, decisa e posta dagli stessi amministratori? E salendo di livello, come può l'individuo essere interpretato e rappresentato da una pianificazione culturale e urbanistica dirigista, centralizzata cioè negli organi dirigenziali delle nostre amministrazioni?

E' questo che non si capisce oggi, è quello in cui incappa anche certa arte che si sposa con le amministrazioni locali partorendo una sorta di messaggio unilaterale, messaggio forte e chiaro (che personalmente contesto): l'individuo ha valore ma non da solo; ha valore in un contesto quello sociale e comunitario che deve essere diretto e impostato, diciamo orchestrato... (ma da chi, mi domando io? Sempre da qualche ristretto gruppo, ovviamente). La “scritta” vorrebbe veicolare il modo di essere parte di un'opera d'arte. Le commissioni urbanistiche vorrebbero impostare un discorso corale in cui ad ognuno viene data la propria parte da recitare.

 

Ma quello che sfugge è che oggi l'individuo, all'interno della comunità urbana, ha tutti gli strumenti per appropriarsi dei suoi spazi e valorizzarli, per appropriarsi dell'arte e riuscire a fare rete con le persone intorno. Parlo di una società assolutamente contraria all'attuale, fatta di individui che si legano tra loro e costruiscono insieme la propria socialità, la propria condivisione di spazi, l'esteriorizzazione anche culturale e spaziale della propria individualità in relazione agli altri.
Individui che sono in rete, che si confrontano tra loro, che hanno possibilità economiche ed intellettuali e che corrono più velocemente di un qualsiasi organo centralizzato, sia una commissione urbanistica, sia una sorpassata internazionale situazionista o un collettivo di marxiana memoria. Ormai la società è andata oltre ma gli uomini che la rappresentano sono fermi ad avanguardie culturali del 900 che oggi sono drammaticamente inattuali. Ci imbrigliano in strutture che sono ferme ad una logica in cui il plurale liberava il singolo, quando oggi è assolutamente invertita e ascendente questa tendenza.

Il nemico dello spazio condiviso quindi, dello spazio costruito veramente dall'individuo, è il dirigismo pubblico che cerca di mantenere il proprio controllo su ogni aspetto della vita di tutti i giorni, che cerca di dare un'ordine precostituito a quello che dovrebbe essere un ordine invece levigato dal confronto diretto tra gli individui in cui l'amministrazione locale è solo arbitro e giudice. Gli spazi urbani oggi non funzionano perchè le amministrazioni cercano di imporre soluzioni, invece di recepire le spinte individuali.

Si badi bene, non sto estremizzando il concetto, dicendo che ognuno deve fare ciò che vuole. Voglio solo dire che l'individualità va valorizzata, nella misura in cui è il primo tassello fondante di quella che poi è una comunità più estesa. E' chiaro che un'amministrazione locale deve far rispettare le regole e quelli che sono i vincoli paesaggistici più forti. Ma senza esagerare, anzi... anche su questo se ne potrebbe abbondantemente parlare perchè non è così scontato che la conservazione sia il miglior modo per preservare il valore arstico o urbano. A volte forse bisognerebbe osare.

Lo spazio dovrebbe diventare una pagina bianca in cui ognuno di noi possa scrivere la sua frase.
Oggi invece abbiamo uno spazio inteso come copione già scritto, dove il massimo di valore che ci viene dato è quello di recitare una parte scritta da altri. Ecco che alla luce di ciò - cioè  di quello che vorremmo e che non c'è - l'artista oggi ha una funzione cardine: quella veramente di rompere questo schema e non di servire il mecenate di turno (oggi questi mecenati sono i nostri amministratori con i nostri soldi, un tempo almeno erano appassionati).

Manca veramente nel panorama odierno la presenza di un artista libertario (passatemi questa definizione un po' improvvisata) che, per essere fuori dalle regole, scritte e non, le deve per forza di cosa infrangere.
Personalmente, appartenendo al movimento, trovo che il netfuturismo, e poche altre forme di denuncia e organizzazioni sparute, possano assolvere questa funzione e forse il movimento potrà  farsi promotore di queste istanze dopo la sua ottima opera di denuncia. Un cantiere continuo, cibernetico e provocatore.

L'obbiettivo è sempre il solito di sempre: “la distruzione creativa”. La distruzione cioè di questi spazi forzati per dare ad ogni individuo la vera libertà di appropriarsi di ciò che ha, anche nella misura estetica e contribuire così ad uno sviluppo veramente partecipato dello spazio urbano e della comunità locale.

C.Z.