L'abisso della North Korea e quell'ossessione della bomba

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<p>Un regime dove solo i militari vivono decentemente, ma sono costretti a 2 ore di volo al mese e a coltivarsi il campo. Perchè carburante non ce n’è e nemmeno il cibo.
In mezzo a 23 milioni di persone nell’abisso della miseria c’è il sogno della prima dinastia comunista al mondo di dotarsi della deterrenza nucleare.
Ma l’ordigno fatto esplodere questi giorni è ancora troppo grezzo per essere militarmente utilizzabile.
E un attacco preventivo? Il piano c’è già, e anche la stima delle perdite: 300.000, nei primi 90 giorni di conflitto. Senza contare i civili.
<p> </br> </br> </br> </br> </br> </br> </br> </br> </br><p>Torna a salire la tensione in Estremo Oriente ed ancora una volta ad innescare un'escalation dagli esiti incerti è la Corea del Nord. Martedì 3 Ottobre fonti del Ministero degli Esteri di Pyongyang annunciavano l'imminenza di un test nucleare, da svolgere, sempre secondo la nota del Ministero, per far fronte, alla pressione e alle minacce a cui il Paese sarebbe sottoposto da parte degli Stati Uniti.
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<img src=”http://www.ultimathule.it/images/articoli/north5.jpg” align=left>Nel 2003 la Corea del Nord si era ritirata dal Tnp (trattato di non proliferazione), nel 2005 aveva dichiarato di essere in possesso di ordigni nucleari e da allora le schermaglie diplomatiche si sono alternate a tentativi di negoziato a cui hanno preso parte i grandi attori del teatro Cina, Russia, Giappone, Corea del Sud e naturalmente USA.
L'annuncio di martedì metteva ancor più in allarme le diplomazie e gli analisti perchè faceva seguito al test missilistico di Luglio, rivelatosi un mezzo fallimento, che tuttavia aveva riproposto le potenzialità di attacco a medio e lungo raggio e la natura aggressiva dell'ultima dittatura stalinista del pianeta.
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Da circa vent'anni il regime nordcoreano,che poggia sulla fedeltà delle forze armate, unica categoria che goda di condizioni di vita accettabili, e che conserva un controllo strettissimo sulla popolazione, persegue l'obbiettivo di dotarsi dell'arma atomica ed investe gran parte delle proprie risorse per raggiungere l'agognata capacità di deterrenza.
Nonostante il Paese sia da lungo tempo attanagliato da una crisi economica gravissima, che mette a dura prova la sopravvivenza stessa di gran parte della popolazione, oggi sappiamo che l'obbiettivo è stato raggiunto: il 9 Ottobre gli scienziati hanno effettuato un'esplosione sotterranea che coniuga gli obbiettivi politici del regime con l'esigenza di mettere a punto una bomba al plutonio del tipo di quella esplosa a Nagasaki.
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<img src=”http://www.ultimathule.it/images/articoli/north4.JPG” align=right>Nonostante il successo propagandistico evidente siamo in presenza di un ordigno ancora molto grezzo che richiederà ancora molti sforzi per essere militarmente utilizzabile.
Il test potrebbe altresì contribuire ad accelerare tendenze politiche gia in atto nell‘area: se da un lato la nuova provocazione di Kim Jong-il rischia di isolare ancor più il sua regime e di aggravare la situazione economica del Paese che si basa sugli aiuti di Seul e dello storico alleato-protettore cinese che ha reagito, per una volta, in modo particolarmente forte; dall’altro infatti rischia di ingenerare una serie di effetti a catena tra i grandi soggetti coinvolti.
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Pechino infatti non ha nessun interesse ad innescare una spirale che nella migliore delle ipotesi porterà alla nuclearizzazione conclamata della penisola coreana e che potrebbe addirittura convincere il Giappone ad una revisione di quella parte della sua Costituzione postbellica, particolarmente rigida in materia di Forze Armate.
I cinesi temono che il Giappone possa prendere seriamente in considerazione l'idea di sviluppare un arsenale nucleare oggi alla sua portata sia dal punto di vista tecnologico che delle materie prime. Il paese del sol levante detiene infatti la più grande riserva mondiale di materiale fissile.
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Tokio è inoltre in una fase di transizione politica estremamente importante che ha portato al Governo il neo Primo Ministro Abe e visto un rafforzamento delle posizioni conservatrici del Ministro degli Esteri Taro Aso che insieme puntano ad affrancare maggiormente il Giappone dall'ombrello protettivo americano.
Esplicativa del nuovo corso è la dichiarazione di Aso che, dopo il test del missile nordcoreano No-dong che attraverso i cieli dello Stato, più volte non ha escluso un attacco preventivo da parte delle forze di autodifesa. Queste ultime, a dispetto del nome, continuano a ricevere oltre 40 miliardi di dollari di finanziamento all'anno e hanno in marina e aeronautica ambiti di vera eccellenza mondiale.
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<p> La Cina inoltre teme l'idea di una Corea un giorno riunificata, dopo l'implosione del regime del nord, con più di 80 milioni di abitanti, forte di una tecnologica di primo livello e con conoscenze nucleari (anche Seul ha lungamente perseguito un suo programma) che a quel punto si rivelerebbe un vicino tutt'altro che comodo anche per la nuova superpotenza asiatica.
La prova di forza ha per Pyongyang un altro esito negativo: il rinsaldarsi del legame tra Seul e Washington, da tempo teso a causa della crescente insofferenza per la presenza degli oltre 35 mila soldati a stelle e strisce, eredità del conflitto conclusosi nel ‘53, il cui totale previsto disimpegno pare oggi definitivamente allontanato, ma anche per l'intransigente approccio che l'amministrazione Bush ha avuto con il Nord comunista.
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Mosca continua a seguire la vicenda senza la capacità, e forse la volontà, di incidere realmente.
Il Cremlino è concentrato a contrastare le tendenze centrifughe delle repubbliche dell'Asia centrale e caucasiche che, ispirate dagli Usa, procedono nel percorso di affrancamento dalla Russia, percorso in questo momento rallentato, a causa delle difficoltà americane in Iraq, ma che nel lungo periodo continua a preoccupare l’elite post-sovietica. In questa riedizione del 'Great Game' di ottocentesca memoria, con gli Usa nel ruolo dell'Impero Britannico, forse Vladimir Putin gongola un po nel vedere la Super Potenza distratta dalla nuova emergenza coreana.
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Gli Usa, dal canto loro, fanno la voce grossa e pretendono sanzioni ma sono in difficoltà. Non possono permettere che l'area, che riveste un’importanza cruciale per gli equilibri globali dei prossimi anni, si destabilizzi ulteriormente.
Washington considera da tempo Pechino un competitore globale e lo marca stretto sia in Asia centrale che a sudest con Taiwan e le basi nell'arcipelago giapponese. Oggi, concentrati come sono nello sforzo mediorientale, sperano e assecondano le aspirazioni geopolitiche e di riarmo giapponesi per contenere la crescente influenza cinese. Segnale altamente significativo è l'offerta esclusiva e riservata fatta a Tokio del nuovo super caccia F/A-22, fatto che permetterebbe agli USA di dividere i costi esorbitanti del programma e che consentirebbe al Giappone di dotarsi di uno strumento impareggiabile di controllo dei cieli, anche per i nuovi Sukoi 30 cinesi.
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<img src=”http://www.ultimathule.it/images/articoli/north6.jpg” align=left>Dopo l'11 settembre, poi, Bush ha inserito Pyongyang nell'asse del male, anche a causa della comprovata collaborazione dei nordcoreani con l'Iran nei programmi di sviluppo missilistico che tanto preoccupano americani ed israeliani. Oggi i timori che la collaborazione con il regime degli Hayatolla si possa estendere anche al nucleare è un timore che toglie il sonno.
L'opzione militare per fermare i programmi di Kim Jong-il (nella foto a sinistra), pur se improbabile, non è stata del tutto accantonata; restano forti dubbi sulla reale capacità delle forze Usa di sostenere un nuovo sforzo bellico considerando anche che in questo momento le priorità sembrano altre, vedi il sopraccitato Iran.
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E' pur vero che usnavy e usaf, sicure protagoniste di un'eventuale campagna, non sono così overstreched come esercito e marines, ma gli strateghi considerano altamente probabile una rapida escalation del conflitto che coinvolgerebbe le forze convenzionali nordcoreane; queste dalle loro fortificazioni sotterrane continuano a tenere sotto minaccia Seul con oltre 8000 pezzi di artiglieria pesante e circa 700.000 uomini a 100 km dal 38' parallelo. Risulta inoltre che il Pentagono qualche anno fa abbia stimato in circa 300.000 le perdite militari sudcoreane e americane, nei primi 90 giorni di conflitto ad alta intensità, senza contare le vittime civili derivanti dagli attacchi alle maggiori città del sud, difficilmente evitabili e col rischio concreto di vedere Seul trasformata in una palla di fuoco essendo in gran parte alimentata a gas.
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<img src=”http://www.ultimathule.it/images/articoli/north7.jpg” align=right>L'Europa ancora una volta si dimostra incapace di vedere più in la del proprio naso, limitandosi a protestare e, almeno per ora, non svolge alcun ruolo significativo, forse perchè considera lontana la minaccia.
Si tratta di un atteggiamento miope che sottovaluta il lento ma continuo progresso della tecnologia missilistica coreana e non considera che tra non molto il raggio di azione dei missili derivati dal Taep'o dong 2 (si parla di capacità orbitali) sarà prossimo ai 10.000 km e nell'eventualità di una rotta polare significa mettere sottotiro le capitali del Nord Europa. A quel punto anche la miniaturizzazione delle testate, necessaria per integrarle con i vettori, sarà probabilmente stata raggiunta. E non bisogna considerare il nucleare l'unica minaccia, data la massiccia presenza negli arsenali di Pyongyang di sostanze chimiche e batteriologice.
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Per concludere, Corea del Nord ed in prospettiva Iran, dimostrano come un paese povero o molto povero e tecnologicamente poco avanzato possa con l'accoppiata missili a lungo raggio-WMD costituire una minaccia credibile perfino per grandi Nazioni.
L'ambizione di diventare potenze regionali coniugata, in questi due casi specifici, con la presenza di governi fanatici rende di stringente attualità lo sviluppo di strumenti di contrasto come il MEDAS o l'Aster-45 che a causa delle arcinote ristrettezze dei bilanci delle Difese europee (per amor di patria sorvolo su quella italiana) hanno la speranza di vedere la luce solo grazie alla volontà e ai dollari americani.
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Fabio Marmiroli

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