Lezione 2: conservatorismo e specificità nazionali
Il maggior amore per l'uguaglianza rispetto alla libertà è il frutto avvelenato della Rivoluzione francese tanto deprecata da Edmund Burke. E il grido di meritocrazia che si ode nella società italiana non è raccolto da nessuno: altra grave responsabilità della destra italiana, che pure dovrebbe avere interesse a 'smontare' una burocrazia creata ad immagine e somiglianza della sinistra democristiana e comunista.
Il patriottismo si è risvegliato? Puo darsi, ma è ancora vissuto con timidezza: anche qui le responsabilità del socialismo internazionalista sono gravissime (ma anche il Fascismo ha le sue involontarie colpe: potrebbe parlarsi di eterogenesi dei fini, ma andremmo troppo lontani). Su questo punto bisogna ricordarsi la genesi dell'Italia - la lezione di Prezzolini è sempre valida - frutto di una battaglia delle elites del nord e della strategia politica piemontese più che di un vero e proprio movimento popolare e nazionale. Le specificità nazionali vanno sempre considerate, piacciano o meno.
Esiste un blocco popolare conservatore italiano, mortificato da un sistema dell'informazione bloccato e 'comandato' da elites sinistre: è indubbio che il duopolio danneggi maggiormente quella parte largamente maggioritaria degli italiani che da sempre non si riconosce nella sinistra. C'è la domanda di valori conservatori, ma l'offerta è, non in maniera involontaria, bloccata. Abbiamo forse più bisogno di un Berlusconi 'editore di destra' che di un Berlusconi 'politico di destra'. Per offrire pero un messaggio conservatore serve una teorizzazione compiuta della Weltanschauung (ossia della "visione del mondo") di destra: sforzo realizzato più di due secoli fa da Burke per la Britannia (al deputato anglo-irlandese si richiamo 200 anni dopo anche la Thatcher) e per gli Usa da Kirk ('allievo' burkeano) 60 anni fa.
Chi scrive ha azzardato ad intitolare il proprio circolo di Azione Giovani a Barry Goldwater, il padre della 'Right Nation', a lui e al suo meraviglioso quanto introvabile libro 'il Vero Conservatore' mi rivolgo nel trovare la strada dinanzi ai bivi delle scelte politiche. Meno entusiasmanti trovo le tesi neocon dell'amministrazione Bush, forse perchè in loro vi è un fondo di messaggio sinistrorso, ma capisco sto andando fuori tema.
Tornando al bellissimo pezzo di Jimmy, non so se gli americani abbiano rifiutato gli ultimi tre dei sei principi conservatori di Burke: '...diffidenza verso il potere dello Stato; maggior amore per la libertà che per l'eguaglianza; patriottismo; fede nelle istituzioni e nelle gerarchie tradizionali; scetticismo nei confronti dell'idea di progresso; elitarismo'. Ricordo che il deputato angloirlandese mai definì quella Americana del ventennio 1763-1783 una 'Rivoluzione', piuttosto parlava di 'guerra d'Indipendenza' di una Nazione che mai abbandono totalmente l'impianto politico ed istituzionale britannico nè il legame, anche culturale, con la ex Madre Patria.
Fu forse proprio quel legame culturale che consentì a Russel Kirk di affermare che 'il conservatorismo propugna la venerazione per la pluralità sociale e per la struttura gerarchica, ossia ordinata, cioè dotata di un senso, di un'origine e di una meta': ebbene, mi risulta difficile leggere in queste parole un rifiuto del principio burkeano della 'fede nelle istituzioni e nelle gerarchie tradizionali'. Quanto allo 'scetticismo nei confronti dell'idea di progresso', bisogna considerare il significato autentico da dare al progresso. Se progresso vuol dire 'continuare mantenendo' (Prezzolini), gli americani sono i portabandiera del progresso. Se per progresso s'intende l'accezione socialista e giacobina, esempio italiano è la nostra Costituzione, e buttare tutta la Storia passata nel cestino in attesa del Sol dell'Avvenire, gli americani potrebbero intendersi come i più fieri sostenitori del Burke.
Elitarismo: se lo intendiamo come uso ideologico del potere (guardasi a quanto avvenuto nel Continente dopo la Rivoluzione francese) di gruppi di persone spesso poco illuminate ma molto affamate, di imporre alla maggioranza il proprio volere, il proprio libro, la propria ideologia, l'elitarismo è estraneo alla cultura USA, alla sua eterna tendenza all'autogoverno. Ma elites scrissero la immortale Costituzione USA. Elites da sempre reggono i fili del potere decisionale americano (ed inglese). Ma non sono elites ideologiche, alla francese: sono elites che custodiscono l'essenza dei valori eterni del proprio popolo. Anche qui ci sarebbe davvero tanto da aggiungere e questo dibattito potrebbe durare all'infinito.
In conclusione gli americani non rifiutano gli ultimi tre punti del 'sestetto' burkeano: semmai li trasformano. ÃË la specificità nazionale che ritroviamo ovunque nel mondo e che nessun internazionalismo socialista, nessuna dichiarazione universale, nessun intervento forzato - tutti figli della Rivoluzione francese - potrà mai cancellare del tutto.
Gianmario Mariniello
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