Gli USA rivedono la politica d'impiego delle armi nucleari
Secondo alcune indiscrezioni al Pentagono si starebbe pensando di riprendere in grande stile lo sviluppo e conseguentemente i test di una nuova generazione di armi nucleari. In particolare stante la minaccia posta dalla proliferazione delle armi chimiche e biologiche si sta cercando di adattare l'arsenale nucleare americano in modo da renderlo utilizzabile nei confronti di questo tipo di armi. Si cercherà in pratica di realizzare nuovi tipi di armi in grado di essere impiegati negli scenari odierni ed è inevitabile che questo lavoro di adattamento si ripercutoterà sulla potenza e sulle caratteristiche tecniche dei nuovi ordigni. L'enfasi infatti non verrà posta più su bombe all'idrogeno sempre più potenti come avveniva durante la guerra fredda quando la corsa ad armi sempre più distruttive alimentava l'equilibrio del terrore.
Ci si concentrerà al contrario su ordigni a fissione di ridotta potenza, capaci all'occorrenza di esplodere anche decine di metri sottoterra per eliminare i bunker di cui ormai sono dotati molti dei paesi inclusi nella lista dei così detti "stati canaglia". Inoltre un'altra motivazione che i sostenitori ti tale categoria di armi adducono per accelerare la ripresa delle ricerche e dei test su una nuova generazione di armi atomiche è la loro indiscutibile efficacia nella distruzione degli agenti chimici e biologici in qualunque stato fisico si trovino. Nell'ipotesi infatti di dover distruggere ad esempio un deposito di armi biologiche o un impianto per la produzione delle stesse l'impiego di armi convenzionali sarebbe sconsigliato in quanto provocherebbe molto probabilmente una dispersione di agenti chimici o biologici nell'ambiente che potrebbero contaminare il suolo e uccidere un numero considerevole di persone. Al contrario utilizzando un'arma nucleare di limitata potenza si otterrebbe la totale distruzione sia di eventuali composti chimici sia di qualunque coltura di virus o batteri a causa dell'enorme calore che un'arma nucleare anche di limitata potenza è in grado di generare nel momento dell'esplosione. Nel caso di utilizzo di questo tipo di armi l'unico danno collaterale da tenere in considerazione sarebbe un ridotto fall-out dovuto alla bomba stessa che pero rimarrebbe localizzato nell'area dell'esplosione che in un secondo momento con l'utilizzo di tecniche costose ma efficaci potrebbe essere rapidamente decontaminata. Uno dei punti su cui pare che si stiano concentrando gli studi e le ricerche degli scienziati e tecnici nucleari americani che lavoreranno alle nuove armi pare sia proprio la massima riduzione possibile del fall-out radioattivo che segue l'esplosione.
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