Il revisionismo di Montezuma
C'è un revisionismo, attualissimo, che non c'entra niente con i deliri antisemiti di Ahmadinejad ma che anzichè negare, vuole riscoprire la verità storica su una vicenda da sempre controversa: quella dell'arrivo degli spagnoli nel Centro America e il loro ruolo effettivo nella progressiva scomparsa delle civiltà native.
La mente super cristiana (e spesso anche alticcia) del nostro Mel Gibson, nel suo Apocalypto, sostiene una tesi ardita per i livelli di buonismo occidentali: la civiltà Maya e Atzeca non furono distrutte dai conquistadores ma quando "l'uomo bianco" arrivo in Sud America questi popoli erano già in totale decadenza, in preda a lotte fratricide, vittime di carestie, malattie e attacchi di popoli minori provenienti dallo Yucatan. Insomma, si stavano distruggendo con le proprie mani, tanto che il compito di colonizzazione, per Cortes e i suoi, fu molto più semplice del previsto.
La teoria è rivoluzionaria perchè, per la prima volta, si ammette che gli spagnoli cattolici, che arrivavano con le navi dall'Europa, non furono quegli spietati carnefici come ci hanno sempre voluto dipingere. Ma il revisionismo precolombiano non parte solo da Hollywood: recenti ritrovamenti archeologici in Guatemala hanno portato alla luce prove inconfutabili di tutto cio. Fra le rovine della città di Cancuen, gli archeologi si sono infatti imbattuti nei resti di quello che ritengono un evento cruciale nel declino della civiltà Maya: un centro commerciale, un tempo fiorente, assediato dall'esterno e conquistato dopo una cruenta battaglia che vide l'epilogo nell'esecuzione rituale di oltre 45 membri della corte.
I Maya avevano creato una rete di regni dominati da "signori sacri" che fecero costruire città con palazzi e piramidi che tutt'ora possiamo ammirare. Il Culmine della potenza Maya si ebbe dal 300 al 900 d.c. , poi solo un'inarrestabile declino, partito con la fine della dinastia reale nell'800 d.c. Ben 700 anni prima dell'arrivo dei primi conquistadores .
Non solo lotte interne ma anche un nemico esterno, all'origine della fine dei Maya, che, con inaudita violenza, spazzo via intere città e distrusse centri religiosi e culturali, demolendo interi luoghi e abbandonandone altri.
Conflitti interni endemici, massacri, attacchi di popoli esterni, carestie e malattie: queste le cause della decadenza dei popoli precolombiani prima dell'arrivo degli europei
"Dopo l'assedio di Cancuen, le città dei bassipiani occidentali Maya nell'attuale Guatemala, furono abbandonate - sostiene Arthur D. Demarest della Vanderbilt University (USA) - la popolazione dispersa si sposto ad est e nord, dove in assensa di risorse, lentamente, si estinse".
Gli abitanti delle città erano consapevoli del disastro a cui stavano andando incontro, prova ne sono i numerosi ritrovamenti archeologici di fortificazioni e palizzate erette come in un ultimo, disperato, tentativo di difesa.
A volte anche un buon film puo essere il pretesto per riaprire una pagina di una storia di cui si credeva di sapere già tutto e che invece sopravviveva soltanto grazie a luoghi comuni, pericolosamente alimentati, anche di recente, da Presidenti-padroni come Chavez, Morales e altri che non si fanno scrupoli ad abbattere le statue degli europei e a nazionalizzare tutte le risorse del paese facendo crollare gli investimenti stranieri. Il tutto in nome di un non meglio precisato orgoglio indios.
La demagogia dei nuovi tiranni incontra la falsificazione storiografica, in un sodalizio di provata e efficacia. Proprio in questi mesi gli archeologi hanno ritrovato sotto Città del Messico templi atzechi ancora perfettamente intatti. "Buona parte di quel che restava della civiltà precolombiana non venne distrutta all'arrivo degli spagnoli", ci racconta Alejandro Encinas, sindaco di Città del Messico, e non un finto indios che galleggia sui petrodollari.
D.M.
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