La libertà ha sempre un prezzo
'Libertà va cercando che è sì cara come sa chi per lei vita rifiuta'.
Dante
A quasi un secolo dallo sterminio perpetrato dalla Cina comunista nei loro confronti, il regime dittatoriale dell'ex Birmania continua a far scorrere fiumi di porpora intrisi del sangue di questo popolo. Forse i monaci buddisti sono così temibili per questo regime perchè usano l'Amore e la non-violenza come armi vincenti, le stesse armi che utilizzo il grande Gandhi per piegare l'esercito inglese. Le stesse armi che adopera Aung San Suu Kyi, leader della Lega Nazionale per la Democrazia, il partito che vinse l'82 per cento dei seggi nelle elezioni del 1990 e che per questo motivo è agli arresti domiciliari da sei anni, senza telefono e senza la possibilità di vedere i suoi familiari. Centinaia di suoi sostenitori sono in carcere, spesso sotto tortura. Molti di essi sono addirittura morti. L'8 dicembre 1991 le è stato assegnato il premio Nobel per la pace. Il suo messaggio è semplice: solo combattendo la paura si puo essere liberi. E solo adesso comprendiamo bene quanto sia importante.
La Birmania è un paese governato da una dittatura militare di sinistra, 500 mila soldati che tengono il popolo in ostaggio, negando loro i diritti umani e civili. Da più di dieci giorni, ormai ininterrottamente, incuranti dei divieti e delle intimidazioni, centinaia di monaci tibetani si sono uniti alla folla dei civili per un'enorme manifestazione a favore della pace e per la liberazione della loro beniamina. La polizia non riuscendo ad arginare la protesta con i lacrimogeni e con gli spari per aria, ha optato per le soluzioni drastiche, sparando a raffica sulla folla ed uccidendo 5 persone, fra i quali 3 monaci, appunto. Almeno un migliaio di persone sono state arrestate e caricate su autocarri e anche tra questi ci sono diversi religiosi.
"Abbiamo paura, i soldati sono pronti a sparare sui civili in ogni momento", afferma un manifestante terrorizzato.
Si tratta della maggiore mobilitazione nazionale degli ultimi due decenni, scoppiata a metà di agosto per protestare contro il rincaro del prezzo del carburante. I monaci sono scesi in piazza lo scorso 18 settembre, dopo che alcuni religiosi erano stati malmenati nelle precedenti manifestazioni.
Scenari di sangue e repressione, di una violenza inaudita, che non dovrebbero trovare più alcun posto nel teatro della storia umana ma che ancora oggi nel 2007 continuano a riproporsi nella più drammatica delle interpretazioni. Unanime la condanna del mondo occidentale, da Gordon Brown fino a George Bush.
"Il mondo intero sta osservando quanto succede in Myanmar e il suo regime illegittimo e repressivo deve sapere che il mondo intero lo ritiene responsabile - ha affermato Gordon Brown, parlando al congresso del Partito laburista a Bournemouth, nel sud della Gran Bretagna - L'era dell'impunità e dell'abuso dei diritti umani è finita".
Secondo il premier britannico, che ha reso omaggio al "coraggio e alla determinazione del popolo birmano" è importante mantenere la pressione internazionale sulla giunta militare birmana, "voglio vedere il mondo intero unito su questo, ogni continente del mondo deve rimanere unito".
Anche Nicolas Sarkozy ha offerto la sua solidarietà ai movimenti di protesta, incontrando esponenti dell'opposizione birmana in esilio a Parigi, mentre gli Stati Uniti e l'Unione Europea hanno annunciato nuove sanzioni da inasprire in caso di ripetute rappresaglie contro i dimostranti. La triste realtà è che questa situazione della ex Birmania non è purtroppo un caso isolato e che sono moltissimi i paesi nei quali ancora oggi i diritti umani vengono calpestati sotto gli occhi indifferenti della comunità mondiale. Dal canto nostro ci auguriamo che le forze dell'Occidente riescano a fermare questo inutile massacro e che ci sia per tutti questi popoli un'opportunità per un avvenire di libertà.
Serena Mannelli .
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