Lo scudetto revocato del 1927. Il caso Allemandi
Lo Scudetto revocato alla Juventus per la stagione 2004/2005 non è l’unico non assegnato: nella storia del calcio italiano, escluse le stagioni interrotte dai conflitti, esiste un’altra annata che non vide nessuna squadra laurearsi campione. Stiamo parlando di quella 1926/27.
La vicenda fu alquanto complessa, e i retroscena non furono mai chiariti del tutto. Perno della storia il tentativo di corruzione del terzino della Juventus Allemandi. Di allora sappiamo soprattutto cio che le cronache narrarono.
Al momento del fatto, il Torino era in testa alla classifica braccato dal Bologna, mentre la Juventus (nonostante fosse la squadra campione in carica) era parecchio attardata senza nessuna possibilità di rimonta. Secondo la cronaca del tempo, Luigi Allemandi venne avvicinato da un dirigente granata, il dottor Nani, che avrebbe corrotto il giocatore anticipandogli metà della somma pattuita, pari a 50.000 lire, affinchè questi dirottasse a favore del Toro il risultato del derby di Torino in programma il 5 giugno 1927. Per contattare il giocatore, Nani si affido a Francesco Gaudioso, uno studente catanese del Politecnico che alloggiava in una pensione di via Lagrange dove aveva domicilio anche Allemandi. In quella stessa pensione vi era anche il giornalista Renato Farminelli, corrispondente dal capoluogo piemontese del Tifone, una testata dell'epoca. Il derby si chiuse con la vittoria per 2 a 1 del Torino, ma Allemandi contrariamente ai presunti patti si segnalo tra i migliori in campo. Per questo, Nani si rifiuto di pagare le restanti 25.000 lire al calciatore: ne nacque una accesissima discussione che avvenne nella pensione di via Lagrange alla presenza di Gaudioso. Sfortuna vuole, pare, che essa fu udita anche da Farminelli che origliava da un'altra camera. Da questo episodo, a fine campionato, Farminelli ricaverà sul Tifone un pepato articolo dal titolo 'C'è del marcio in Danimarca'. Da qui la Federcalcio, con alla testa Leandro Arpinati, gerarca fascista nonchè podestà della città di Bologna, fece partire una severa e accurata inchiesta. Poichè fu proprio la squadra del Bologna che arrivo seconda dietro i granata, vi furono forti sospetti sull'imparzialità con cui vennero condotte le indagini.
Effettivamente quella che venne considerata la "prova schiacciante" era così fragile da suscitare il dubbio che fosse stata creata ad arte: durante un sopralluogo nella famosa pensione il vice di Arpinati, Giuseppe Zanetti, rinvenne in un cestino dei rifiuti alcuni pezzi di carta che uniti risultarono essere una lettera nella quale Allemandi reclamava il pagamento a saldo della somma pattuita. Il Direttorio Federale, riunito nella Casa del Fascio, revoco lo scudetto al Torino e squalifico a vita Allemandi, che nell'estate era passato dalla Juventus all'Inter (anche se in seguito alla vittoria della Nazionale Italiana della medaglia di bronzo alle Olimpiadi del 1928 il giocatore potè godere di una sorta di amnistia). Nessun provvedimento fu invece preso a carico della Juventus, poichè i bianconeri si difesero spiegando che il terzino si era mosso in maniera autonoma e che la società zebrata era dunque vittima, e non protagonista, dell'illecito avvenuto.
Lo scudetto resto invece perpetuamente "non assegnato", e non quindi dato al Bologna come i dirigenti della società felsinea reclamavano. Sulle motivazioni di questa mancata riassegnazione, contraria ai regolamenti che invece espressamente, secondo le norme del CIO, prevedevano la vittoria della seconda classificata nel caso di squalifica della prima piazzata, si avanzarono illazioni totalmente opposte. Da un lato c'era chi, credendo nella buona fede e nella probità di Arpinati, sostenne che fu proprio il gerarca a impedire la premiazione dei rossoblù perchè cio gli avrebbe tirato addosso ovvi sospetti di parzialità, dall'altro lato ci fu chi, specie tra i sostenitori granata, porto invece avanti la tesi secondo cui fu proprio Arpinati a ordire, e forse inventare o quantomeno gonfiare, lo scandalo che coinvolse Allemandi, mentre la mancata incoronazione dei felsinei sarebbe stata voluta da alti gerarchi, forse dal Duce stesso, timorosi che le velenose critiche verso Arpinati potessero arrivare a discreditare l'immagine e l'autorità dello stesso Governo fascista. Nel 1949, durante i funerali del Grande Torino, la FIGC promise di riaprire il caso, ma tale assicurazione non ebbe mai seguito.
Claudio Galardini
Fonte: Wikipedia
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