Osama è morto, il mondo resta lo stesso
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Una notizia come questa potrebbe essere usata solo a fini politici 'interni', per esaltare l'opinione pubblica dei paesi occidentali.
Ma l'eventuale morte di Bin Laden non cambierebbe di una virgola lo stato delle cose: la rete mondiale del terrore è viva e vegeta. Con o senza di lui.
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Osama Bin Laden è morto? E se fosse morto cosa cambierebbe nella guerra al terrorismo? Le rivelazioni fatte dal quotidiano francese 'L'Est republicain' hanno rilanciato ancora una volta la notizia della possibile morte dello sceicco del terrore. Una febbre tifoide lo avrebbe ucciso in Pakistan il 23 agosto scorso.
La fonte sono i servizi segreti sauditi, che avrebbero informato i colleghi francesi pochi giorni fa.
Ovvia la reazione a catena di smentite, conferme, dubbi e ipotesi. Se la CIA smentisce seccamente per bocca del direttore dell'agenzia Michael Hayden, infatti, i francesi fanno capire che la nota riservata è vera e che Chirac, de Villepin e Sarkozy ne erano a conoscenza.
La CNN, invece, per bocca del suo inviato Nic Robertson, ha fatto sapere che Osama è vivo ma malato.
Ma tutte queste indiscrezioni, queste mezze notizie mai confermate, cosa cambiano nella guerra al terrorismo? Nulla, nel modo più assoluto.
Lo scontro tra terrorismo e Occidente (Stati Uniti in testa) è arrivato ormai a una fase in cui la defezione di Bin Laden non provocherebbe alcun calo di intensità degli attacchi e della guerriglia in Afghanistan e Iraq. La morte di Osama avrebbe avuto senso subito dopo gli attacchi al WTC e al Pentagono. In quel momento la caduta del principale artefice di quella strage avrebbe stroncato sul nascere l'allora embrionale movimento jihadista globale, che solo dopo l'11 settembre ha saputo coordinarsi in maniera tentacolare e mondiale.
Le varie cellule oggi presenti in Iraq, Afghanistan, Caucaso, Africa ed Europa ormai godono di una indipendenza più che consolidata rispetto alle direttive dello sceicco saudita.
L'eventuale morte di Bin Laden, dunque, potrebbe essere usata solo ed esclusivamente a fini politici 'interni', per esaltare l'opinione pubblica dei paesi occidentali impegnati in prima linea nella lotta al terrorismo fondamentalista.
Per quanto riguarda l'esito di quella che potremmo definire senza rischio di esagerazioni la 'terza guerra mondiale' non cambierebbe nulla.
Il fondamentalismo integralista ha saputo creare sì una fitta rete di contatti e interconnessioni su scala planetaria, formando pero nel frattempo anche cellule autosufficienti e autonome in giro per il mondo.
Ormai Bin Laden è visto dai qaedisti e jihadisti del mondo come 'l'iniziatore della Guerra Santa contro il Satana americano', 'l'eroe che ha saputo colpire l'America al cuore', ma non più come un leader ââ¬Ëoperativo'.
Ovviamente con questo non vogliamo nel modo più assoluto dire che la morte (o meglio ancora, la cattura) di Bin Laden non sarebbe da accogliere con gioia e soddisfazione. Stiamo solo tentando di analizzare razionalmente gli effetti che potrebbe avere sullo scontro di civiltà tuttora in atto.
Paradossalmente la morte di Osama potrebbe, al contrario, ringalluzzire l'orgoglio dei fondamentalisti provocando una serie di azioni terroristiche su scala mondiale 'in memoria' dello sceicco.
La morte di qualsiasi terrorista o guerrigliero (basti pensare a Che Guevara, tanto per fare un esempio distante politicamente da noi) lo trasforma inevitabilmente in un eroe da emulare e da onorare continuando con ancora maggior vigore la sua opera.
Come considerare, dunque, la notizia della possibile morte per tifo di Osama Bin Laden?
Qualora fosse vero sarebbe un'ottima notizia, per carità, ma non dovrebbe far abbassare la guardia nello scontro a cui stiamo assistendo. La rete mondiale del terrore è viva e vegeta, con Osama o senza di lui, e puo colpire dovunque e in qualsiasi momento. A questo dobbiamo pensare.
Domenico Naso
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