QUELLE STRANE CRITICHE FINIANE, Nè LIBERALI Nè CONSERVATRICI
Il subbuglio, i contrasti interni al PdL, l’alzata di testa finiana, creano un quadro piuttosto articolato che merita di essere rivisto a distanza di tempo, come le cose importanti che devono maturare. Spenderei una parola su uno slogan finiano che gira: come si può dire “100%-qualcuno” ? Non ritengo che nessuno, in nessuno governo, in nessun movimento, possa avere il 100% di appoggio, nessuno è fatto d’oro, e se Fini sarà mai premier, non gli giova avere a sua volta i fedelissimi yes-man, come non ha giovato a Berlusconi.
Ciò premesso, in merito ai problemi del PdL Fini ha delle buone ragioni di dissenso e per lo meno, in via della Conciliazione, si è discusso (in un secondo momento valuteremo anche gli altri interventi, come quello di Tremonti). A mio avviso le ragioni valide di dissenso non sono quelle dell’avversione alla Lega, perché questa avversione gli porta conferme principalmente al meridione e sembra di ricreare il solito contrasto nord contro sud, togliendo respiro nazionale alle sue ambizioni. Ci sono, invece, buone ragioni di critica verso gli yes-man, e la mancanza di ‘crescita’ culturale. Tuttavia Fini ha giocato malissimo, servendo a Berlusconi la carta del congresso annuale, per fare un esempio. Perché non l’ha proposta lui stesso? Non ne aveva il ruolo, forse, o non se lo è saputo creare?
E mi chiedo se per creare degli spazi, l’unico modo era quello di arrivare ai ferri corti con Berlusconi dando così fiato infinito alle trombe mediatiche e agli oppositori. Evidentemente lo ha voluto, e si ammetta che è contestabile, anche perché ha alimentato un dissenso interno che non fa certo rima con confronto, e che ne costituisce una base troppo scivolosa. Inoltre, le responsabilità dell’andamento sconnesso del PdL sono anche sue.
Ma come dice qualcuno, “chi pone il problema senza avere la soluzione, è il problema lui stesso”. Ecco, qui la grande perplessità, cosa propone Fini? ha avanzato “obiettivi e metodi”? Negli strumenti non ha proposto, semmai ha presentato un progetto associativo, un aggregatore, come "Generazione Italia" (che non vuol dire progetto culturale o politico), ricalcando "Fare Futuro", cioè emanazione della politica e, quindi, attualmente non funzionale. Aspettiamo di vedere cosa diventerà. Nei metodi Fini invece ha solo coeso un suo certo consenso personale, niente a che fare con il suo amato “senso dello Stato”.
Gli obiettivi? Obiettivi di partito: più spazio, più Fini, meno Lega, meno berlusconiani. Cosa altro? Vorrei avere motivi per dare credito all’avanzamento di Fini (il cui seguito non mi sembra essere tanto forte da muovere battaglie e far vedere scintille), se non fosse che poi gli obiettivi di Fini sono europeistici, istituzionali, tecnici.
Ovvero, ben venga un movimento e un avanzamento di istanze politiche meno socialiste, meno stataliste, meno leghiste, ma se questo non equivale a una elaborazione piena in senso liberale e conservatore, si crea la piccola copia del PPE e si annebbiano le nostre speranze. Fini ha letteralmente parcheggiato AN nel PdL, per muoversi senza zavorre. Ottimo: AN era davvero appesantita da correnti sociali, afflati nostalgici e sponde talora filo-islamiche, se non filo-esoteriche. Di tutto questo faccio volentieri a meno. Ma ora che si è liberato da responsabilità di partito, cosa fa, visto che sicuramente non ricreerà un’AN 2.0.?
Il nostro amico Benedetto Della Vedova, ad esempio, ha aderito al PdL provenendo da area radicale, cosa non nuova e in certa misura fisiologica. Questo approccio poteva esserci solo con Berlusconi, mai sarebbe successo con il versante di AN. Gli scherzi del destino hanno visto poi Fini avvicinarsi ultimamente alle posizioni di Della Vedova, il quale non ha certo cambiato le proprie idee! È un esempio chiaro di come le carte si siano mescolate negli ultimi anni. Bene, allora Fini è liberale? Che sia conservatore, non ha dato motivo di pensarlo. Che sia liberale, francamente, nemmeno. Un altro radicale, con senso delle istituzioni e dei diritti, serve davvero? Benedetto della Vedova fa un po’ da cartina tornasole, perché lui non ha dovuto cambiarsi o muoversi, Fini, invece, è in perenne movimento. Le posizioni etiche moderniste di fiducia totale verso la libertà di coscienza non sono quelle che prediligo. “Libertà di coscienza sì, libertà imprenditoriali e di mercato, ni“: non ci piace. Fini saprà preparare un terreno fertile a riforme liberali?
Prendiamo atto che domenica davanti all’Annunziata, Fini è arrivato a nominare politiche economiche liberali tra le sue intenzioni. Ci è arrivato domenica, dopo attenta valutazione del terreno che gli si prospetta davanti. Non si tratta di schematizzare obbligatoriamente uno “spirito libero” (ammesso e non concesso che sia il termine giusto), si tratta di dare un nome a una direzione. Se Fini vuole mantenersi libero da schemi, lasci la politica e faccia seriamente l’ ”uomo del libero pensiero”, cosa di cui, peraltro, c’è estremo bisogno.
Infine, la sua disattenzione alla maggioranza e al consenso è quasi encomiabile, senza soffermarci ora sulle dinamiche democratiche (e le dittature delle minoranze, vedi Di Pietro e Lega). Compreso il fatto che non si preoccupi di essere espressione del paese, (sebbene ne sia un rappresentante). Però questo virtuosismo non cede ancora il passo a una maggiore qualità del suo seguito. Se la differenza tra lui e i berlusconiani non è solo di stile, ma culturale, dove sono i grandi pensatori a cui guarda Fini? Che sia minoranza, ma almeno di qualità!
Ecco le perplessità, a fronte delle quali ci sono ampi margini di fiducia, perché se Fini è, come credo, uno strumento tecnico efficace, potrebbe arginare la tracotanza di certi socialisti, e certi personaggi di dubbia competenza che Berlusconi si porterà sempre dietro. È lecito chiedersi, però, se questo è davvero tra gli obiettivi di Fini.
Saba Giulia Zecchi
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