EARTH DAY: CELEBRIAMO IL GLOBAL COOLING (E LENIN)
Correva l’anno 1970 e l’opinione pubblica americana si scatenò in seguito a due incidenti avvenuti l’anno prima, fra cui l’incendio del fiume che attraversa Cleveland (!) causato da un marinaio vi gettò una sigaretta (tanto era alto il suo contenuto di petrolio). Sempre nel 1970, sull’onda dell’esplosione dell’interesse pubblico per i temi ambientali (si celebra negli States il primo Earth Day), veniva istituita la prima agenzia per l’ambiente, l’Epa (Environment Protection Agency). Già l’anno dopo saranno ben 12 i paesi che seguiranno l’esempio americano dotandosi di una struttura specializzata a livello nazionale.
L’ambientalismo diventa un fenomeno di massa negli Stati Uniti con la proclamazione dello Earth Day il 22 aprile 1970, cui parteciparono centinaia di migliaia di studenti nei campus universitari. In Europa l’ambientalismo divenne un fenomeno politico qualche anno più tardi.
Ma la retorica catastrofista, quando non ci racconta che moriremo tutti arrostiti, ci racconta che moriremo tutti congelati. A questo proposito basterà citare un dato storico curioso: la prima Giornata Mondiale della Terra (L'Earth Day, appunto) venne celebrata negli Stati Uniti il 22 aprile 1970 "curiosamente" nel centenario della nascita di Lenin (22 aprile 1870).
Questa grande manifestazione fu indetta per lanciare l’allarme contro - udite! udite! - il “Goobal Cooling”, ossia il “Raffeddamento Globale”.
L’anno prima, il 15 novembre 1969, il periodico Science News dava ampio risalto all’intervista con il metereologo J. Murray Mitchell Jr. sulle preoccupazioni per il raffreddamento globale: «Quanto continuerà questa tendenza al raffreddamento è uno dei più importanti problemi della nostra civiltà». In poche parole, si riteneva che il mondo si stesse inesorabilmente avviando verso una nuova piccola era glaciale e la stampa riprendeva l’allora, opposto, isterismo.
Citiamo, come esempio, unaltro articolo, stavolta apparso qualche anno dopo su Newsweek: era il 28 aprile 1975 e il settimanale americano titolava: “The cooling word” (“Il mondo in raffreddamento”). “Il tono dell'articolo è lo stesso a cui siamo abituati oggi:
«c'è ormai l'evidenza di cambiamenti drammatici del clima sulla terra e che questi cambiamenti porteranno a una drastica diminuzione della produzione di cibo, con serie implicazioni politiche per quasi ogni nazione sulla terra». I cambiamenti sono evidenti, le conseguenze catastrofiche. E, ovviamente, l'articolo si premura di sottolineare che nella comunità scientifica «il consenso è pressoché unanime».
Stesse identiche frasi che sembrano riprese dai giornali delle ultime settimane, solo che allora si parlava della prossima età glaciale.
Anche in Italia i quotidiani seguirono l’allora tendenza del “Raffreddamento Globale”; un articolo apparso sul Messaggero il 30 ottobre 1973 titolava:
“L'umanità nella morsa dei ghiacciai” e concludeva dicendo: “Se l'uomo non si deciderà ad affrontare, al più presto e seriamente, il problema ecologico, non è improbabile che dietro l'angolo si trovi ad attenderlo una nuova era glaciale”.
Cambiano i tempi, resta l'ottusità: 30 anni fa eravamo in procinto di una nuova glaciazione, 30 anni dopo (un'inezia dal punto di vista del tempo terrestre) siamo di fronte - o almeno così ci vogliono far credere - ad un inarrestabile riscaldamento globale. Se la faccenda non fosse maledettamente seria e se tanti nostri soldi non venissero impiegati per finanziare tanti cialtroni (tra scienziati e politici), sarebbe da farci una grossa risata.
D.M.
Fonti: Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari, "Che tempo farà"
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