Il programma missilistico iracheno: storia e sviluppi recenti.

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Il dittatore iracheno Saddam Hussein sin dal suo insediamento al potere nel 1980 ha sempre dimostrato di avere uno spiccato interesse per le armi di distruzione di massa e per i missili balistici, vettori indispensabili per proiettare l'effetto distruttivo di armi chimiche, biologiche e nucleari a centinaia di chilometri di distanza. In particolare Saddam Hussein ritiene che il possesso di un nutrito arsenale di missili balistici che gli permetta di tenere sotto minaccia di attacco quanti più paesi possibile, aumenti il suo prestigio personale e il ruolo dell'Iraq come potenza egemone nel contesto mediorientale. Nel corso degli anni l'Iraq ha investito miliardi di dollari nell'acquisto di missili balistici e nello sviluppo di vettori indigeni.

L'inizio dell'interesse iracheno per i missili e la guerra Iran- Iraq.

Gli inizi delle ambizioni missilistiche irachene risalgono ai primi anni settanta, ben prima dell'ascesa al potere di Saddam, quando l'allora Unione Sovietica vendette all'iraq un certo numero di razzi d'artiglieria FROG-7 dotati di un raggio d'azione di 70 km ed una testata di 550kg. Data la loro limitata capacità operativa dal 1974 questi razzi furono affiancati da un'altra arma di origine sovietica: il missile SCUD. Lo SCUD fu realizzato negli anni 50 allo scopo di trasportare testate nucleari, di conseguenza non è dotato di una notevole accuratezza, appartiene alla categoria degli IRBM ( intermediate range ballistic missiles), ha un raggio di 300 km e puo trasportare un testata di 770 kg e viene lanciato da una rampa mobile, in tutto l'iraq ha importato tra gli anni 70 e 80 più di 800 missili SCUD dall'URSS.

I missili SCUD furono intensamente impiegati da entrambi i belligeranti nella guerra che durante gli anni ottanta vide fronteggiarsi iran e Iraq. L'Iraq pero si trovo da subito in una posizione di svantaggio strategico in quanto i missili SCUD iraniani potevano colpire Baghdad, ma gli iracheni dal loro territorio non potevano colpire Theran. Questo spinse gli iracheni a sviluppare una variante indigena dello SCUD che avesse in particolare un raggio d'azione maggiore rispetto all'originale sovietico, nel 1987 volo l'Al-Hussein, la prima variane indigena dello SCUD, dotato di un raggio d'azione di 650km. In pratica gli iracheni non fecero altro che prendere due SCUD, smontare ad uno la testata, all'altro il motore a razzo e saldarli realizzando così un nuovo missile con doppia capacità di carburante e quindi doppio raggio d'azione, ma con una testata ridotta a 500 kg. All'inizio l'iraq produsse i missili Al-Hussein cannibalizzando gli SCUD che aveva importato dall'URSS, poi inizio a costruire i missili in proprio importando pero alcune componenti essenziali come il sistema di guida e alcune componenti del sistema di propulsione, che non era in grado di produrre localmente. In particolare molte aziende europee furono coinvolte nelle vendite di componenti missilistiche all'iraq, tra queste importanti imprese tedesche, austriache e inglesi.

Secondo David Kay, un ex ispettore dell'ONU, l'iraq prima della guerra del golfo manteneva pronti al lancio 25 missili Al-Hussein armati di testate chimiche da impiegare in una eventuale rappresaglia nel caso di un attacco nucleare su Baghdad e manteneva pronte all'uso 50 testate chimiche e 25 testate biologiche.

I tentativi iracheni di estendere il raggio d'azione dei propri missili nel corso degli anni non si sono fermati all'Al Hussein anzi sul finire degli anni 80 i tecnici iracheni misero a punto un nuova versione dello SCUD, chiamato Al-Abbas, caratterizzato da un raggio d'azione di 950 km che rese l'Iraq capace di colpire gran parte dei paesi mediorientali, in particolare secondo l'inteligence USA il nuovo missile era stato realizzato allo scopo specifico di colpire l'Arabia Saudita, e soprattutto la capitale Ryad. Fortunatamente l'Al-Abbas non ebbe mai impiego operativo, ma si ritiene che anche questo missile fosse pronto ad essere armato con testate chimiche o biologiche.

Le ricerche nel campo missilistico andarono avanti e alla fine del 1989 gli iracheni annunciarono di aver realizzato un nuovo missile, l'Al-Abid, da utilizzare come vettore spaziale, non destinato quindi ad un impiego militare. In pratica si trattava di un missile a tre stadi: il primo era formato da cinque SCUD legati insieme ed era in grado di fornire una spinta di 70 tonnellate, il secondo consisteva in un singolo SCUD e il terzo era stato ricavato da un piccolo razzo di produzione locale. Secondo l'intelligence occidentale questo missile non è mai andato oltre la fase di test, ma già l'aver realizzato un missile multi stadio ed in particolare l'essere riusciti a far funzionare in maniera coordinata i 5 razzi del primo stadio dell'Al-Abid è stato un risultato non indifferente per l'industria irachena.

Subito dopo il primo ed unico test dell'Al-Abid l'iraq annuncio di stare lavorando ad un ulteriore vettore multi stadio, questa volta per impiego militare che avrebbe dovuto avere un raggio d'azione di 2000 chilometri. Il Tammuz, questo il nome del nuovo missile avrebbe dovuto avere 2 stadi: uno SCUD costituiva il primo, un derivato del missile antiaereo russo SA-2 il secondo. Non risultano test di questo vettore.

In questo periodo i tecnici iracheni lavorarono anche su una versione terra-terra del missile antiaereo di produzione russa SA-2 Guideline che avrebbe dovuto avere un raggio d'azione di 300 km, ma che non risulta sia mai divenuta operativa.

Gli iracheni nella loro corsa per procurarsi missili sempre più potenti non disdegnarono le collaborazioni con altri paesi interessati anch'essi a raggiungere determinate capacità missilistiche. In particolare nella metà degli anni 80 ebbe inizio il progetto Condor 2 che prevedeva di sviluppare un nuovo missile a propellente solido in collaborazione con Egitto e Argentina partendo da un missile sviluppato qualche anno prima dall'Argentina il Condor 1. Il paese sudamericano avrebbe fornito il know-how necessario a portare avanti il progetto mentre l'Iraq avrebbe fornito le risorse finanziarie per tutta la durata del progetto. Per colmare il gap tecnologico i tre paesi chiesero ed ottennero la collaborazione di molte aziende europee, soprattutto tedesche ed italiane. Nel 1988 a seguito di dispute tra i tre paesi il consorzio si sciolse, e l'iraq decise di proseguire da solo, ma non riuscì ad andare oltre la costruzione di alcune componenti del missile e di fatto il programma si areno.

I programmi successivi alla guerra del golfo.

Dopo la guerra del golfo del 1991, con l'arrivo degli ispettori ONU l'Iraq dovette interrompere la progettazione e la costruzione di missili a lungo raggio. Le risoluzioni dell'ONU gli permettevano solo di produrre missili con un raggio d'azione non superiore ai 150 chilometri ed è li che l'iraq ha concentrato i sui sforzi negli anni successivi al 1991. in particolare la produzione di vettori meno capaci è stata organizzata in modo da essere compatibile con quella di missili con raggio d'azione maggiore, quindi di fatto l'iraq non ha mai perso la capacità industriale di produrre missili balistici con centinaia di chilometri di raggio d'azione. Nel campo dei missili a breve raggio due sono stati i prodotti principali dell'industria irachena negli anni successivi a desert storm: l'Al Samoud derivato dal missile antiaereo SA-2, con un raggio d'azione stimato tra i 150 e i 180' chilometri e l'Ababil caratterizzato da un raggio d'azione di 130 chilometri. Di questi due missili il primo pare abbia superato alcuni test, ma non è chiaro se sia o no operativo, il secondo pare non abbia mai volato. Nonostante il divieto dell'ONU negli anni novanta l'iraq ha continuato lo sviluppo di missili a lungo raggi benchè in tono minore rispetto agli anni precedenti. In particolare sono state realizzate molte simulazioni computerizzate atte a definire alcuni aspetti della progettazione di missili a lungo raggio e aggirando l'embargo sono stati acquistati alcuni componenti da un'azienda Russa.

Nell'agosto del 1991 l'iraq inizio segretamente un progetto allo scopo di realizzare un nuovo vettore chiamato in codice J-1, ancora una volta si tratta di un derivato del missile antiaereo SA-2. Il progetto rimase sconosciuto agli ispettori ONU fino al 1995, quando ormai il progetto era stato cancellato da due anni, si stima comunque che se realizzato il missile avrebbe potuto avere un raggio d'azione superiore a quello consentito di 150 chilometri. Altri tentativi di realizzare nuovi vettori partendo sempre dal missile SA-2 non andarono oltre lo stadio di studi di fattibilità. In particolare nel 1994 i tecnici iracheni ricevettero l'ordine di realizzare un vettore spaziale con il quale mettere in orbita piccoli satelliti. Data la carenza di risorse tecniche e le caratteristiche di un simile vettore che lo rendevano non compatibile con le disposizioni ONU, il progetto fu abbandonato. Gli iracheni non hanno mai smesso di lavorare a progetti di modifica di missili SCUD allo scopo di aumentarne la capacità operativa, anche se questo era espressamente vietato dalle risoluzioni ONU. Una prova di cio la ebbe un gruppo di ispettori che nel Gennaio del 1996 visitando uno stabilimento industriale, trovarono un dischetto contenente una simulazione di un lancio di un missile tristadio progettato basandosi sullo SCUD. Gli ufficiali iracheni si difesero dicendo che quella simulazione era il risultato del lavoro in proprio di un ingegnere che lavorava nello stabilimento. Analisi più approfondite del disco misero in evidenza che i dischi che gli ispettori avevano controllato erano solo una parte di un archivio elettronico molto più vasto, che gli ispettori non avevano trovato e che gli iracheni si erano rifiutati di fornire.

Conclusioni:

Il quadro fin qui delineato si riferisce all'evoluzione dei programmi iracheni fino al 1998, anno in cui gli ispettori furono espulsi dall'iraq, il fatto che negli anni 1991-1998 l'iraq abbia mantenuto le capacità per sviluppare e costruire missili balistici non puo certo far sperare che abbia dimesso tale capacità dal 1998 ad oggi, anzi è ragionevole pensare che in questi cinque anni caratterizzati dall' assenza di controllo dell'ONU l'iraq abbia non solo ripreso la produzione di missili balistici armandoli molto probabilmente con testate chimiche e biologiche ma abbia anche delocalizzato la produzione costruendo impianti sotterranei o addirittura impiantando stabilimenti in Siria. Dal quadro delineato si evince chiaramente che l'iraq con ogni probabilità sta tuttora sviluppando micidiali missili balistici e il fatto che gli ispettori ad oggi non abbiano ancora trovato alcuna traccia di questa attività pone in evidenza quanto siano inutili le ispezioni, almeno nelle modalità in cui oggi vengono portate avanti.

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