La psicologia dello sterminio

Dai campi di sterminio nazisti ai Gulag staliniani, dai Khmer rossi di Pol Pot, alle Foibe di Tito fino ai più tragicamente recenti casi di pulizia etnica di Milosevic e alle prigioni sotterranee e ai gas di Saddam Hussein.
Come è stato possibile che individui che si comportavano in modo normale nelle loro case e nel loro ambiente infliggessero tante atrocità su altri esseri umani una volta indossata l'uniforme del partito? Come è possibile soffocare la pietà e l'inibizione morale?
E ancora: come è possibile spogliare un uomo della propria umanità?

Una domanda che tutti forse prima o poi ci siam posti è: perchè?
Non tanto, o non solo, perchè la guerra, perchè l'ideologia malata dei regimi, ma piuttosto perchè le atrocità, perchè il genocidio.
Dobbiamo partire innanzi tutto da una riflessione importante: i crimini più efferati di questo secolo e di quello appena iniziato non sono stati compiuti da una moltitudine di individui mossi da furie omicide, per un semplice motivo: non sarebbero stati tanto efficaci come invece furono.
La violenza e l'odio non vengono neutralizzati ma bensì canalizzati, disciplinati, per così dire 'burocratizzati' all'interno di un sistema e di un'organizzazione che effettivamente autorizzano tutto cio, e lo autorizzano sulla base di motivi politici, scientifici, razziali.
Il genocidio diviene così un'estensione del moderno sistema di fabbrica, che anzichè produrre materie prime produce morte in serie.
Si usa la tecnologia, si usano metodi progettati da ingegneri, organizzati da burocrati e pianificati da politici. Solo così la violenza 'ceca' viene canalizzata e istituzionalizzata e i comportamenti più pre-sociali e efferati, che di loro natura sono instabili e soggetti ad esser sopraffatti da altre emozioni, quali la compassione, sono ora compiuti in nome di qualche ideale scientifico o politico e quindi legittimati agli occhi dei carnefici di turno.
I più grandi criminali della storia, e coloro che eseguivano con efferatezza le loro disposizioni, erano spesso persone 'normali' nell'ambito familiare che si trasformavano una volta indossata l'uniforme del partito. I crimini crudeli non sono tali perchè commessi da individui geneticamente crudeli. La tesi del mostro è sorpassata, ridurre tutto dicendo che 'erano pazzi' è errato, enfatizzare vedendovi l'incarnazione di satana è fuorviante.
Individui normali che in tempi 'eccezionali' compiono azioni altrettanto 'eccezionali'.
Innanzitutto capiamo come si riuscì, a partire dallo sterminio nazista, a soffocare l'inibizione e la pietà: fattore essenziale è la distanza. L'azione dell'assassinio era sovente mediata: gli ordini arrivavano dall'alto, chi li impartiva non arrivava mai a vedere la sua vittima se no come dei numeri su di un foglio di carta, chi li eseguiva si sentiva legittimato a farlo. 'Eseguivo degli ordini.' Quante volte abbiam sentito questa frase.
Non essere a contatto con le vittime, per i gerarchi di ogni tempo significa 'lavarsi le mani' dal vedere direttamente le vittime e quindi tutto riesce più facile: la violenza tanto più è efferata tanto più la vittima è lontana. Ma alla fin fine qualcuno avrà dovuto pur essere a contatto con i perseguitati.
<img border="0" src="http://www.ultimathule.it/images/articoli/psicologiasterminio3.jpg" height=250 width=180 align="left"> Dove la distanza fisica non era più possibile si ricorreva alla distanza psicologica: delegando alle vittime stesse l'esecuzione dell'azione, sostituendo la responsabilità morale con la responsabilità tecnica e disumanizzando le vittime.
I vari e numerosi dott. Mengele che la storia ci ha 'regalato' innanzi tutto si sentivano paladini di una qualche battaglia per il progresso tecnico-medico e di una lotta per un'ideologia, o spesso, come ci dimostra l'attualità, i carnefici più efferati sono animati da delirio religioso.
Qualcosa dunque che delega la responsabilità c'è sempre, c'è sempre un obbiettivo più alto al quale la pietà dove soggiacere al fine del suo necessario raggiungimento.
Infine, cosa significa 'disumanizzare le vittime'?
Nei campi di sterminio non si sopprimevano le persone abili al lavoro e forti fisicamente ma solo quelle che la fame e gli stenti avevano ridotto a scheletri viventi e quelle malate.
Se è tanto più difficile uccidere quanto più cio che abbiam di fronte assomiglia ad un essere umano, la scorciatoia per liberarsi dell'inibizione morale era far di tutto perchè i prigionieri arrivassero allo stremo, arrivassero alla pura e semplice presenza biologica, per poi giustiziarli con la scusa perversa di non farli più soffrire.
Il cerchio così si chiude con la 'necessità' di uccidere al fine di far risparmiare ulteriore agonia.
La disumanizzazione portava a negare alle persone di essere riconosciuti come esseri umani.
Se questi che descriviamo sembrano problematiche antiche e appartenenti solo alla storia il nostro pensiero dovrebbe andare alle contemporanee prigioni sotterranee dell'ex dittatore iracheno Saddam Hussein in cui sono ancora sepolti vivi centinaia di prigionieri politici, alle sue mattanze con i gas, o alle persecuzioni cubane e nord coreane, fino ai casi sempre troppo poco segnalati dei numerosi genocidi africani.
L'atrocità dei Lager e dei Gulag non deve essere confinata in sterili giornate della memoria, quando i medesimi crimini, si ripropongono tragicamente al giorno d'oggi nel fanatismo, nella pulizia etnica e nel fondamentalismo religioso, crimini meno sponsorizzati ed eclatanti ma di una gravità ugualmente assoluta.