Quelle Brigate Rosse un po toscane...

“La vicenda costituisce un monito soprattutto per la società civile: possibile che nessuno dei conoscenti, nessuno dei compagni di lavoro dei “camuffati” brigatisti abbia notato atteggiamenti strani da parte di quest’ultimi?
Se i brigatisti sono stati davvero bravi a nascondersi, le ipotesi sono due: o chi stava attorno a loro non si è accorto di niente, oppure i criminali hanno goduto dell’appoggio di ambienti insospettabili…”
<p>L’arresto dei sei componenti del gruppo che avrebbe progettato e attuato l’omicidio D’Antona (il condizionale è dovuto alla presunzione di innocenza, ma c’è la quasi certezza che i sei abbiano partecipato al misfatto, lo confermano i computers sequestrati nel marzo scorso alla Lioce), due dei quali residenti in Toscana, con lavori in ospedali pisani e fiorentini, conferma purtroppo il seguito (seppur minoritario) che l’estremismo fuorilegge di sinistra gode nella nostra regione.
Non è infatti un dato nuovo quello che illustra come la Toscana e Firenze siano sempre state considerate delle basi floride per la riorganizzazione delle cellule terroristiche di extra- sinistra (nel senso che non hanno niente da spartire con le forze parlamentari di estrema sinistra, vedi Rifondazione, tantomeno con quelle di sinistra).
Perchè? Tante le possibili risposte. Intanto la fortuna del nostro paese è che la condanna del terrorismo interno è sempre stata unanime. Centrosinistra e centrodestra hanno lavorato affinche fossero catturati i responsabili degli omicidi D’Antona e Biagi, quasi sicuramente facenti parte del medesimo gruppo criminale. Alla fine la linea del ministro dell’Interno Pisanu ha prodotto i risultati più concreti, questo penso si possa dire senza polemiche, evitando cioè la fuga di notizie sulle indagini in corso, che in altri casi ha impedito la cattura dei responsabili.
Fissati questi aspetti del problema, è dunque necessaria una riflessione serena sulle modalità con le quali questi brigatisti sono riusciti a integrarsi nella società italiana e ancor più in quella toscana, senza dar segno delle loro aspirazioni antidemocratiche e violente.
Partiti (tutti), associazioni (tutte), sindacati (tutti), dovrebbero alzare la guardia su attivisti, funzionari, simpatizzanti della prima ora che abbiano un concetto poco definito di convivenza democratica e civile.
Il compito è difficile, un’organizzazione vasta non puo conoscere per filo e per segno tutti i suoi aderenti, anche se un irrigidimento nel controllo di chi vi entra sembra ormai indispensabile.
La vicenda costituisce un monito soprattutto per la società civile: possibile che nessuno dei conoscenti, nessuno dei compagni di lavoro dei “camuffati” brigatisti abbia notato atteggiamenti strani da parte di quest’ultimi?
Se i brigatisti sono stati davvero bravi a nascondersi, le ipotesi sono due: o chi stava attorno a loro non si è accorto di niente, oppure i criminali hanno goduto dell’appoggio di ambienti insospettabili, approfittando della scarsa attenzione che questi luoghi di rappresentanza civile, sociale, politica, rivolgono verso i loro stessi appartenenti.
Un’ultima annotazione: l’impegno dello stato intero contro le brigate rosse, arricchito da risultati importanti come quelli odierni, smentisce e tacita le sparute e dietrologiche tesi di coloro che guardano agli atti terroristici come ad una nuova strategia della tensione, configurata all’interno delle istituzioni stesse per convenienza politica di alcuni gruppi o lobbies. Niente fu mai più fasullo.
Speriamo percio che cittadini toscani non abbiano più niente a che vedere con le Br. La nostra regione è splendida per abbondanza naturale e culturale, ma soprattutto per il calore umano emanato dalla gente che la abita.
Meritiamo di non avere il minimo posto in queste cronache sciagurate!
<p> <div align=right>Winston</p>