Se la droga è il male minore
Intervistato dal mensile Max Morgan ha affermato che fa uso quotidiano di stupefacenti perché con l’uso di crack cura la depressione. Ha poi presguito affermando che i farmaci che ha provato non lo facevano migliorare o stare bene. Rettifica successivamente che si tratta di un abuso fatto in passato e che non intende incentivare un comportamento sbagliato, ma poco cambia.
Altre opinioni di Morgan espresse nell’articolo sono peraltro condivisibili in larga parte, e mi riferisco alle critiche rivolte a Maria De Filippi, al sistema televisivo, di cui effettivamente lui a mio avviso costituisce un elemento di arricchimento. E’ considerato da molti uno dei pochi professionisti seri tra quelli che operano nelle trasmissioni commerciali, conosce profondamente la musica e ha un grande seguito.
Ma le affermazioni hanno un peso e la televisione - foraggiata dal canone - ha fatto bene a prendere atto delle parole dell'autore e fermare la sua partecipazione a San Remo (non fosse altro per la grande pubblicità che Morgan ha avuto di ritorno da tutta questa storia). Ma soprattutto perché sarebbe stato un avvallo a un costume sfattista che Morgan vuole (e sottolineo, vuole) impersonare, un costume, non la totalità della sua condotta. Al solito, non mi permetto di giudicare il tutto da una parte.
Nell’insistente tamburo mediatico, il rilievo viene dato alla droga e alla partecipazione a San Remo. Ma ricordiamoci che Morgan ha dichiarato di farne uso per curare la depressione, dopo aver smesso con i farmaci. La depressione si può curare, e uno è pienamente libero di non farlo attraverso cure farmacologiche, arrivo a dire che è libero anche di abusare di sostanze se lo ritiene buono, utile... Purché si ammetta che a lungo andare rovinano fisico e mente, che aprono un percorso spesso irreversibile e che creano dipendenza. Il costo di questo abuso è raramente sostenibile a lungo. Ed è un costo che ricade anche sulla società, pertanto è da condannare e frenare.
Dovere etico è giusto arginare le derive sociali, dato che di quelle personali ciascuno è responsabile nel privato e ad interessarsene - si presume - saranno gli affetti più vicini. Non ho apprezzato i politici che hanno "suggerito" di curarsi (Giovanardi), più istituzionalmente alcuni hanno espresso consenso all'espulsione dal Festival o hanno sottolineato il cattivo esempio di Morgan (Meloni). A tal proposito vorrei ricordare a Bersani che non sta a lui perdonare chicchessia o dare seconde possibilità.
Sono consapevole che i problemi non si risolvono (solo) a parole. Le depressioni (plurale d’obbligo, ne esistono vari tipi) hanno radici complesse. Ma, sia chiaro innanzitutto, che da una parte non sono capricci ma dall'altra parte non vanno esasperate, solo curate. In poche parole non ci si deve 'preoccupare' di qualcosa, piuttosto 'occuparsi' della persona. Mica è facile, certo! Esistono terapie diverse, non tutte sono farmacologiche e anche quelle farmacologiche migliorano a passo svelto e nella maggior parte dei casi non danno dipendenza.
Perché lo Stato si accollerebbe dunque il costo delle cure psichiatriche, se non ne avesse un tornaconto in termini di "salute" personale, sociale e di produttività? Quest'ultima, tutt'altro che da demonizzare, può essere anzi vista come una carta vincente per superare momenti difficili, purché non si riduca l'uomo a homo faber, perdendo di vista altre esigenze.
Anche il costo dell’abuso di droghe si paga in termini di produttività e di risorse umane preziose (spesso giovani) che si disperdono. In conclusione possiamo affermare che curare una malattia con un errore è una scelta piuttosto grave. Nel caso di Morgan sembra piuttosto un'ammissione bohemiène, necessità di espressione. Ciononostante l'outing rilevante è quello sulla malattia, troppo spesso taciuta, non certo sul rimedio.
Saba Giulia Zecchi
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