Sotto scacco
Stiamo vivendo un momento storico molto importante all’interno del quadro geopolitico dell’ultimo secolo.
In un viaggio attraverso gli scenari della guerra contro il terrorismo, cercare di fare un’analisi semplice e comprensibile non è facile. Ma questo è il nostro tentativo…
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Dopo l'11 Settembre lo scontro coi terroristi era frontale e, che ne dica la sinistra, coinvolgeva grossa parte del nostro occidente, se si escluono coloro che con certe realtà avevano accordi economici e non solo (mi riferisco per lo più a Francia e Germania).
La vittoria per certi versi è stata schiacciante, ma proprio da li' sono nati i semi della rivincita del terrorismo.
Bin Laden è stato ridotto allo stato di fuggiasco perenne. Sono stati distrutti i regimi che coprivano ufficialmente il terrorismo. E' stato ucciso il numero uno di Al queda in Iraq.
Con la morte di Arafat si aprivano interessanti spiragli per la pace tra palestinesi ed israeliani: opportunità concretizzate con coraggio da Sharon con una politica fatta di "bastone e carota".
E' in questo momento che cambia lo scenario di lotta. Scenario a cui non solo i leader occidentali non avevano pensato, ma di fronte al quale si sono fatti trovare impreparati.
Le guerre infatti si sono ritorte successivamente come un boomerang, perchè dal fronte internazionale il terrorismo si è riciclato nei fronti interni.
Combattere la democratizzazione del medioriente è la nuova parola d'ordine, sfruttando le situazioni precarie della zona. Questo perchè un islam moderato esiste forse, ma è in minoranza ed è fondamentale isolarlo. Isolare chiunque si sieda al tavolo con Stati Uniti e Israele.
In Iraq si sparano tra loro. In Israele, complice anche la defezione di Sharon e la salita al potere di Hamas, siamo di fronte alla riapertura della crisi. Attentati giungono in tutti i paesi dove esiste un'anima meno integralista, facendo leva sulle questioni regionali.
A soffiare sul fuoco fin dall'inizio è l'Iran, che col proprio leader riproponeva la questione Israeliana con parole ed editti di altri tempi. Alle parole di Ahmadinejad seguono i fatti di altri gruppi terroristici; un sistema che ricorda quasi quello degli anni di Piombo con tessitori alla luce del sole di una trama messa in atto poi da altri attori.
In casa nostra la situazione si fa confusa. Gli ultimi attentati, riusciti o sventati, che colpiscono al cuore le paure del nostro mondo, non provengono dai "barbari" (a scanso di equivoci: ci si rifaccia ai greci ed ai romani. Per barbari non si intendono bifolchi ignoranti), ma da cittadini europei.
I nemici ce li siamo coltivati in seno. Piaccia o no agli amici multietnici e progressisti, questo è un dato di fatto e uno scenario su cui si è minimizzato troppo.
Situazione abbastanza seria se si considera che allo stato attuale delle cose è davvero improponibile attuare soluzioni che sembrerebbero le più logiche ma che anche i leghisti sanno essere pura demagogia (parlo di espulsioni, resitrizioni di libertà, stato di guerra e di polizia...).
Ci siamo fregati da soli, proprio nelle fondamenta di questa società che abbiamo plasmato così, piena di buoni propositi ma priva di malizia e tutela per se stessa. Il risultato ovviamente va nella direzione opposta ai buoni propositi di integrazione: infatti laddove non arrivano i provvedimenti dei governi arriva la paura popolare, il razzismo e altre forme di tutela abbastanza naturali. Essere tutti amici e volersi bene è un gran bel proposito, ma se svincolato dalla realtà dei fatti rischia di fare più danni della grandine.
Non voglio pero qui soffermarmi troppo sui punti deboli della nostra società che sono tanti e con molteplici livelli di analisi: politica, culturale, economica, militare.. per ora ci basta prendere atto che stiamo vivendo una crisi autoprodotta.
Sempre alla luce di questa strategia di guerra silenziosa siamo giunti alla nuova questione palestinese.
Di fatto un ritorno di anni luce indietro nel processo di pace: all'approssimarsi del riconoscimento definitivo delle due nazioni (israeliana e palestinese), la linea di pace cioè che con forza da sempre viene portata avanti dall'Occidente, rinascono i focolai dell'odio. Non interessa la nascita di uno stato Palestinese: Israele non ha diritto di esistere. E' il leit motiv reintrodotto di prepotenza da Ahmadinejad, che mentre riscalda gli animi e riapre con le sue parole ferite mai rimarginate, cerca di dotarsi di armi nucleari. Nel mentre ringraziano gli Stati Uniti per aver fatto terra bruciata in Iraq (un finanziatore comunque di Arafat) dove ora i gruppi sciiti rischiano di imporsi.
Nel momento in cui si intravedeva la fine si è riaperta di fatto ed in maniera lacerante la questione mediorientale; a tal punto che il riarmo dell'Iran è passato in secondo piano.
Ad agire oltretutto non sono stati nazionali, ma singoli movimenti supportati da stati circostanti.
Addirittura Hamas, forse aiutato dal clima internazionale, prende la guida del popolo palestinese.
Ecco che entrano in gioco gli Hezbollah. E non è un caso che siano loro.
Ideologicamente affini all'Iran, si presentano più intransigenti rispetto a movimenti strettamente palestinesi coi quali paradossalmente è più facile trattare, esistendo delle basi di discussioni territoriali; agiscono dal Libano, stato apparentemente amico, che ufficialmente ne prende le distanze ma nella realtà dei fatti è sotto il loro controllo.
Praticamente si è scatenata una guerra dal territorio Libanese, i cui mandanti sono in realtà due stati apparentemente estranei alla guerra: Iran e Siria.
L'Iran addirittura finchè ha avuto gli occhi puntati addosso ha promesso di rivedere il proprio programma nucleare.
Non c'è altro da fare per Israele sotto il fuoco dei missili che iniziare azioni mirate contro i terroristi anche se in territorio straniero. Azioni che si fanno sempre più complicate visto il sapiente utilizzo della popolazione civile come scudo umano.
Quando cominciano a morire anche i civili libanesi è ovvio che a livello internazionale, per come è struttrata ora la diplomazia, non si possa più far finta di nulla perchè ufficialmente si parla di aggressione.
Siamo all'indomani quindi della partenza della missione internazionale che ci vede coinvolti.
Era inevitabile, ma si porta dietro tanti dubbi. Qui come in una partita a scacchi gli scenari che si prospettano sono diversi.
La missione da un certo punto di vista fa gioco ad Israele che non poteva continuare questa guerra contro hezbollah senza coinvolgere il Libano ed invaderlo completamente. L'intervento di altri paesi potrebbe garantire qualsiasi ulteriore azione e per questo Israele ne è il primo promotore. Certo è che il premier israeliano Olmert ora si trova stretto tra due fuochi: l'imbelle Europa e i coloni estremisti. Ognuno con le proprie ragioni, fornite dallo stato dei fatti, ognuno con le proprie chiusure.
Il vero nodo pero sono proprio le regole d'ingaggio e l'obiettivo della missione. Se davvero si escludesse a priori il disarmo dei terroristi questa missione risulterebbe maggiormente utile ad Hezbollah. Di fronte infatti all'impossibilità di aprire il fuoco su coloro che lanciano i missili sotto copertura civile, come reagirebbe la forza internazionale alla risposta Israeliana?
Nel frattempo le promesse iraniane sul nucleare sono già cadute in prescrizione ed è ripreso il programma (o meglio.. non è mai stato sospeso). Programma che sappiamo benissimo essere orientato alla costruzione della bomba, ma che di fatto è difficilmente contestabile perchè rientra nei diritti di uno stato sovrano potersi supportare di energia atomica.
Il ruolo dell'Iran mi pare evidente, come pare evidente l'astuzia nel crearsi le coperture adeguate per tutelarsi.
Mi pare evidente che Hezbollah, come gli attentati in Iraq e Afghanistan sono diversivi per distogliere l'attenzione dalle vere forze egemoni.
L'occidente rimane comunque sotto la minaccia del terrorismo, ma si deve guardare in casa e non ci sono più i presupposti nè i moventi per combatterlo là dove in realtà tutto nasce.
Non so dire se siano stati bravi a sfruttare una situazione che ci è scappata di mano o, peggio, se tutto cio che sta avvenendo dall'11 settembre in poi sia stata una terribile rete costruita ad arte.
L'unica cosa di cui sono certo è che non si tratta di una guerra convenzionale, che non puo essere vinta con armi e logiche convenzionali, di cui purtroppo siamo schiavi.
Purtroppo al momento non vedo la maturità politica per affrontare la situazione.
Non vedo più le basi culturali su cui stringere la nostra civiltà che si è autominata visto che attentiamo tutti i giorni alla nostra identità.
Il punto di equilibrio che per ora non fa pendere l'ago della bilancia dall'altra parte è ovviamente lo strapotere militare ed economico nelle nostre mani (già perchè anche se non si direbbe, nelle mille divisioni esistenti Stati Uniti ed Europa sono sullo stesso fronte). Trovo che in una guerra che è anche e soprattutto politica, di terrore, di nervi e di cultura sia un po' pochino.
Chi scende in piazza contro la nostra economia, contro i nostri eserciti, è un pazzo, ma anche chi non si pone altre domande e chi si ritiene soddisfatto pecca di miopia.
E poi? e poi ci sono Prodi e Kofi Annan..
C.Z.
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