UN MONDO SENZA EROI
Chi scrisse che quel popolo che ha bisogno di eroi è sfortunato visse in decenni così colmi di personaggi da non avere né motivo di rimpiangerli, né desiderio di averne di nuovi. Provare a vivere in un'epoca senza punti di riferimento è tutt'altra cosa. Lo diceva il buon Max Pezzali in "Hanno ucciso l'uomo ragno", geniale metafora dell'assenza di figure di riferimento nella nostra vita: "Facce di Vogue sono miti per noi, attori troppo belli sono gli unici eroi, però lui Sì, Sì lui era una star ma tanto non ritornerà".
E in effetti non ritornò. Nè l'uomo ragno nè nessun altro. Anzi, se ne andarono proprio tutti, lasciandoci le icone Pop contemporanee che hanno il sapore del già visto, ed un futuro senza miti (e senza pensione). Un futuro governato da un esercito di grigi burocrati al servizio della tecnica, che avranno pure l'ardire di decidere per noi cosa è bene e cosa è male, ma che sono tanto mediocri e arroganti da farci rimpiangere l'avvento di un Papa Re.
Eppure, in questa decade, qualcosa che ci ha stupito c'è stato: l'11 settembre, ad esempio, 10 anni di lotta contro il terrorismo, persino l'elezione di un presidente nero e di origini islamiche alla Casa Bianca. Ci ha stupito lo tsunami, Haiti, gli attentati di Londra e Madrid. Ci stupisce la crisi internazionale.
Consumatori in crisi, ma non di cronaca nera, una volta terminati gli eventi positivi ci stupiscono solo le tragedie. Diciamoci la verità: dopo le Torri Gemelle non ci ha stupito più niente. Proprio come per il programma Apollo: dopo l'allunaggio nessuno considerò i lanci successivi, salvo poi rimanere incollati alla Tv per vedere l'odissea del N°13.
Nell'era dello spettacolo ci hanno perfino raccontato che il mondo si stava surriscaldando per colpa delle nostre automobili, mentre le flatulenze delle vacche facevano aumentare la Co2 e sotto la neve facevamo il pieno di una benzina che costava come il whiskey.
Poi ci hanno assicurato che il multiculturalismo era cosa buona e giusta e che era tutta colpa del liberismo se c'era stata la crisi. Intanto in Europa ci davano da spendere una moneta priva di valore reale e ci dicevano che su di essa dovevamo fondare le nostre comuni radici.
Viviamo anni talmente anonimi da essere definiti "complessi" da chi campa di malcelato ottimismo e "di transizione" da chi nonostante tutto, la speranza nel futuro non la perde mai. Baggianate: viviamo anni che non rimarranno, perché nessuno li rappresenta. E la storia è fatta di volti e senza volti non ci sono storie ma solo tecnicismi.
Simbolo della spasmodica ricerca dell'eroe in un tempo senza eroi è Mr."Yes We Can", Barack Obama, l'abile operazione di maquillage-dem-commerciale che ha portato milioni di americani ad acquistare un prodotto fasullo con la promessa che la storia ricominciasse a scorrere (e il cuore a battere). A pensarci bene solo in America (che paese straordinario!) si poteva arrivare a questa incredibile conclusione: se non nascono grandi personaggi costruiamone uno accidenti! Tuttavia i prodotti scadenti, una volta acquistati non si ricomprano. Né rimangono sui libri di storia.
Lo sapeva bene nel 1952 lo sconfitto Adlai Stevenson che ebbe a dire quanto era cosa indegna che un presidente americano venisse venduto come una scatola di cereali. Ce l'aveva con gli spot TV che portarono il generale Eisenhower alla Casa Bianca. Il vecchio IKE venne però eletto per ben 2 volte, proprio come Ronald Reagan, simbolo del "morning again in America", una nuova alba che certo Obama non ha contribuito a far luccicare (se non a parole). Con tutta probabilità nemmeno John F. Kennedy nel '64 avrebbe avuto il piacere del "four more years", se la storia non fosse stata così pietosa con lui: JFK morì giovane e bello e, complice il fascino retrò, la sua leggenda - benché fondata sul nulla - continua tutt'ora. "Everybody loves you when you're six foot in the ground". Lo disse John Lennon, che pure qualche motivo in più per essere amato lo aveva, anche senza dover per forza incorrere in una tragica fine. Quasi come quella toccata a Michael Jackson, che oltre a vari messaggi al mondo - che pensandoci bene tanto male non erano - ha lasciato anche 100 inediti per continuare a fare la storia anche dopo morto, dopo che tutto è stato fatto per ucciderne la leggenda da vivo.
Una tragica fine toccò anche a chi la libertà la teneva a cuore per davvero, due esempi su tutti che dovrebbero essere tra i santini dei nostri portafogli: Jan Palach, il giovane che si dette fuoco per protestare contro l'occupazione della Cecoslovacchia da parte delle truppe del patto di Varsavia, mandate per reprimere le rivolte durante la "Primavera di Praga". Un gesto riportato in auge da uno dei pochi - e quasi dimenticati - eroi ancora viventi: l'ex Presidente Vaclav Havel, protagonista della rivoluzione di Velluto del 1989.
E Bobby Sands, militante dell'IRA, morto in carcere per la libertà del suo popolo dopo un estenuante sciopero della fame per sensibilizzare il mondo sulle atrocità commesse in Irlanda del Nord.
Continuando a farci del male, per evidenziare il vuoto della nostra decade, dopo aver citato due eroi del passato citiamo anche due esempi di rivoluzioni di libertà, iniziate sempre nel passato, ma i cui echi - thanks God -condizionano ancora il nostro mondo: Topolino e Playboy. Lanna e Rossi in "Fascisti Immaginari" ci spiegano così la prima: "...quella che più coerentemente si è contrapposta al sistema di valori e alla visione del marxismo. E' la rivoluzione disneyana". Il rimpianto Walt Disney lascia un'eredità straordinaria, diventando uno dei simboli stessi dell'Occidente, tra i più saldi a cui aggrapparsi durante la secolarizzazione delle nostre società.
Contrapposto a Topolino ma parte della stessa medaglia, la seconda rivoluzione che ha preceduto la nostra decade vuota è stata quella partorita dalla geniale mente di Hugh Hefner. Rivoluzione di cultura e di costumi. L'ormai 84enne fondatore di Playboy nella recente e fugace apparizione italiana disse che non aveva paura della morte perché non poteva immaginarsi una vita migliore di quella che aveva vissuto. E dei personaggi contemporanei chi stima, Sig. Hef? Nessuno, rispose candidamente, aggiungendo come l'ultimo grande vivente che ebbe il piacere di apprezzare fu niente di meno che Frank Sinatra.
Contro la previsione di Postman che si prefigurava un futuro in cui il nostro mondo sarebbe stato seppellito dalla dittatura della risata, non troviamo nemmeno chi ci faccia ridere, né tifare per un idolo sportivo: il filone college-movie iniziato dal John Belushi di Animal House è morto e sepolto, come i Blues Brothers. E come Marco Pantani, che ci teneva incollati alla tv durante le sue scalate, in maniera più efficace e sincera di mille discorsi patriottardi. Se n'è andato anche lui, in circostanze assurde, un S.Valentino di qualche anno fa.
Nelle epoche prive di riferimenti, i tecnici sono celebrati e a loro viene affidato gran parte del nostro futuro. 60 anni fa tecnica e leader divennero una cosa sola col nazionalsocialismo e le conseguenze sono storia. Cosa aspettarsi da una società come la nostra in cui la mediocrità è regola e la tecnica viene considerata alla stregua di una divinità?
Quando venne scarcerato dal carcere di Spandau, nel 1966, Albert Speer, l'architetto del Reich, diede alle stampe le sue memorie. La conclusione di quel libro era un avvertimento per i posteri: "...quanto il mondo progredisce nella tecnica, tanto più è necessario promuovere in ogni singolo uomo l'antidoto di una maggiore libertà individuale e della piena coscienza di sè". La libertà individuale come antidoto a questi anni, senza aspettare il sorgere di altre figure di riferimento. Cosa ovvia, forse.
A ricordarcelo adesso sono migliaia di persone che in America stanno sostituendo con la propria passione e i propri ideali il vuoto di leadership del nostro tempo: è il popolo dei Tea Party, capeggiato da persone coraggiose e straordinarie come Jenny Beth Martin e Mark Meckler che stanno cambiando il proprio paese dal basso senza compromessi e senza paura. Riportando i principi non negoziabili in cima alla lista dell'agenda politica del proprio paese. Heroes Next Door: gli eroi della porta accanto, nell'epoca di Zuckerberg, si trovano così, tra le fila di crede che la liberà individuale sia l'antidoto ad un mondo che sembra aver dimenticato la propria anima.
D.M.
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