Viaggio in un'Europa che non c'è più
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<p>Gabriele ci racconta il suo viaggio a Lisbona.
Viaggio che assume il sapore del rimpianto di fronte a cio che l’Europa fu e che non riesce più ad essere.<p>
”..Rimpiango quell'Europa che fu e che ho rivisto tra le crepe di un' antica città,
centro di una terra pregna di fierezza e valore..”<p><p>Questa estate sono andato in Portogallo ed ho avuto l’opportunità di visitare
una città meravigliosa e affascinante come Lisbona.
Mi aspettavo di trovare perlopiù le stesse cose che si trovano anche in altre
grandi capitali europee: chiese imponenti, bellissimi monumenti , interessantissimi
musei, strabilianti edifici e mirabolanti architetture. Tutto questo, indubbiamente,
c’era. Ma camminando per quelle strade sporche, tra caratteristiche facciate
decadenti, stupefacenti decorazioni di “azulejos” (piastrelle dipinte a mano
che compongono bellissime raffiugurazioni), orde di poveri mendicanti e anziani
lustrascarpe, venditori urlanti e improvvisati spacciatori, si respira un’aria
del tutto particolare.
Arrivato al centro della Praca do Commerco (Piazza del Commercio), forse la
più bella della capitale lusitana, ho chiuso gli occhi ed ho tirato un bel respiro:
mi sono immaginato i grandi conquistatori del passato intenti a preparare i
loro viaggi, pieni di coraggio e di speranza, ho visto le loro ciurme operose
caricare viveri e vettovaglie, ho rivisto lo sfarzo e la ricchezza di certe
residenze nobiliari e l’incredibile storia di una città, e di un’Europa, al
centro dell’universo. E’ stato un attimo, ma da quel momento ho visto le cose
in modo diverso. Da quei cinque minuti, in cui la mia mente era andata secoli
addietro, dismisi gli odiosi panni del turista armato di macchina fotografica
(anche se in quei panni ho mangiato un pesce buonissimo..) ed ho iniziato a
vedere le bellezze della città da un'altra prospettiva..
L’ho visitata come quando si ritorna, anni dopo, nella casa in cui abbiamo vissuto
da piccoli.
L’ho visitata da italiano: deluso, rassegnato, membro di un Europa debole e
indecisa, nostalgico di un mondo, che pur con i sui difetti e i suoi lati oscuri,
teneva in sè dei valori ed un orgoglio che oggi non esiste più.
Nell’accozzaglia di stili che si susseguono camminando per il centro si incontra
il gotico, il romanico e anche il moresco, testimone della presenza degli arabi
in terra portoghese. In una chiesa gotica ho conosciuto, tra l’altro, una delle
più belle storie mai sentite: quella del Cavaliere Hernandes, soldato semplice
al seguito delle truppe portoghesi impegnate nella riconquista di Lisbona. Camminando
per la navata sinistra della cattedrale, mi sono imbattuto sulla sua tomba,
che lo raffigura caduto in battaglia, ancora con la sua spada in mano, appoggiata
sul suo petto ferito. Accanto c’era scritta in latino la sua storia (ovviamente
tradotta in inglese): il soldato semplice Hernandes, è stato ricordato con questa
tomba, come un nobile cavaliere per aver dato inizio alla riconquista di Lisbona
intorno al 1200. Le linee moresche si erano asserragliate dentro la città, ormai
accerchiate dai portoghesi che, pieni di orgoglio, si erano a poco a poco ripresi
la loro terra avanzando fino alle rive del Tago. Gli Arabi non accennavano a
desistere e qualunque portoghese avesse attraversato la riva del fiume sarebbe
andato incontro a morte sicura. Questo soldato semplice, l'unico che io ricordi
a cui sia stata costruita una pietra tombale, impugno la sua spada e contravvenendo
agli ordini della sua compagnia si scaglio da solo contro le barricate moresche
attestate ad una delle porte della città. La sua azione sconsiderata creo scompiglio
tra gli invasori e aprì improvvisamente una breccia nelle linee nemiche: i riconquistatori
si gettarono quindi nel combattimento arrivando poi alla presa di Lisbona. Gli
arabi scacciati, se ne andarono per sempre dopo aver lasciato il segno della
loro presenza in ogni angolo della città e non solo.<img src=”http://www.ultimathule.it/images/articoli/lisbona2.jpg” align=right widht=250 height=200>
Il sacrificio del soldato Hernandes rappresento il simbolo dell'orgoglio e del
valore di un popolo che si vide privato della libertà in terra propria. La sua
morte in battaglia dimostrava ancora una volta che lo spirito europeo e occidentale
non perdeva mai; anche una sconfitta era seguita sempre da una vittoria. L'Europa
era viva. Era il 1200, e i portoghesi avevano appena scacciato un nemico che
aveva modificato l'aspetto della loro maggiore città con architetture arabeggianti
ed edifici con soffitti a moschea. Nonostante l'ingiusto scempio arrecato alla
loro cultura non ebbero il coraggio di abbattere e distruggere barabaramente
i segni della presenza moresca. Con grande civiltà conservarono le cose più
belle che la dominazione araba aveva portatola loro. Un ulteriore dimostrazione
di superiorità e di nobiltà d'animo.
Riaprendo gli occhi, con sguardo nostalgico, ho riflettuto a lungo.
Mi sono chiesto se oggi noi europei rendiamo onore davvero a queste gloriose
azioni.
Mi sono chiesto se il nostro spirito è ancora così colmo di orgoglio e di valore.
Mi sono chiesto se la nostra civiltà attuale è quella di essere superiori nella
diversità, oppure quella di vendere la propria cultura al miglior offerente.
Oggi le nostre città sono diventate bivacchi dello scempio incontrollato. Abbiamo
perso la nostra cultura, le nostre tradizioni. Le nostre chiese sono trattate
senza un minimo di sacralità. Ci domandiamo anche se sia giusto o meno mettere
un crocifisso in una scuola e concediamo a chi dovrebbe rispettare la nostra
cultura di poter leggere il Corano durante l'ora di religione. Vendiamo i nostri
valori senza un minimo di dignità allo straniero solo perchè abbiamo paura di
essere orgogliosi di noi stessi. Noi italiani, ed europei in generale, siamo
un popolo allo sbando senza un briciolo di sentimento patriottico e orgoglio
culturale. Siamo in preda ad una paura meschina del mondo mascherata da 'falsa-tolleranza-vestita-da-bandiera-della-pace'.Come
quella sporca bandiera siamo multicolore, anzi, siamo 'multi' e basta. Multiculturali,
multirazziali, multi, multi, multi. Abbiamo completamente perso noi stessi a
forza di voler essere obbligatoriamente tutti. Stiamo cancellando l'onore dei
nostri avi, che conquistarono il mondo con la loro cultura, la loro eccelsa
vitalità intellettuale, e perchè no, le loro arroganze e prepotenze. Già, perchè
l'arroganza è un difetto, la prepotenza è un sopruso, ma la passività e l'essere
inermi cosa sono?? </p>
Rimpiango quell'Europa che fu e che ho rivisto tra le crepe di un' antica città,
centro di una terra pregna di fierezza e valore. Ritorno nel 'mondo di rovine'
di cui Evola ci ha parlato con lo spirito del soldato Hernandes, con la spada
in mano ed un fuoco nel cuore.
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Gabriele Farolfi</p>
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