QUELLA STRANA IDEA DI DEMOCRAZIA (E DI VITA) IN RETE
Mentre in Italia pensiamo ai topless di questa o quella velina o moglie di calciatore (le due cose, a dire il vero, molto spesso si sovrappongono), mentre l’approfondimento politico deriva verso una insopportabile caciara (il “teatrino della politica” è ormai divenuta una rassegna completa, dove attori e mestieranti fanno a rincorsa a chi la spara più grossa), in America questa estate si è parlato di altro. Tra i tanti vizi e stravizi d’Oltreoceano, ce n’è uno che, per chi vuole guardare oltre il perimetro del proprio cortile italico, ci piace assai e ci diverte.
Gli Americani sono capaci di anticipare mode e tendenze, come vuole la società più consumistica del mondo, ma ormai ce le dà secche anche per la capacità di porsi quegli interrogativi che un tempo filosofi e pensatori del Vecchio continente si ponevano con largo anticipo, mentre le tribù di pellerossa erano ancora a saltellare accanto alle tende in pellame. E così, ecco che la “bomba” sul pianeta delle idee l’ha posta Wired Us, ripresa (manco a dirlo) con mesi di ritardo, anche dalla versione italiana e che vale la pena riportare anche qua da noi, seppur un attimo evoluta e rivista.
Cosa succederebbe se il Web, improvvisamente, morisse? Omicidio del secolo, golpe del millennio? Senza fantasticare su attacchi terroristici che mandano in tilt i computer del Pentagono, senza filosofeggiare su questioni che riguardano più scienza e coscienza (come faremmo senza l’informatica negli ospedali, come potremmo andare in ufficio senza il pc, e così via), quale sarebbe il contraccolpo alla nostra idea modernissima di democrazia, di libero accesso alle informazioni, di partecipazione alla formazione di una ideale, di coinvolgimento nella vita sociale? Come faremmo, in poche parole, a sentirci vivi e protagonisti nella società democratica odierna senza il World Wide Web, senza questo continuo accesso senza frontiere alle notizie che provengono nel giro di pochi nanosecondi dal Giappone, dal Brasile, dal Sudafrica e dai due Poli?
Ci siamo abituati più rapidamente al “www” che al telefono cellulare: riteniamo per noi stessi più importante facebook, twitter, flickr, google, wikipedia, skype dove notizie, comunicazione e informazioni possono essere attinte, ma anche inserite e inviate, postate e condivise, e, soprattutto, diffusi in ogni parte del globo vita morte e miracoli di ciascuno di noi, le nostre opinioni e i nostri punti di vista, che farne a meno sarebbe impossibile. Tutto questo è per noi, oggi, terribilmente vitale. Sì, vitale: vitale per il nostro senso di democrazia libera e partecipata, proprio mentre le oligarchie si fanno più forti con le grandi fusioni di banche e colossi finanziari con la scusa di superare più abilmente la crisi economica, noi ci sentiamo essenziali, essenziali per la nostra e altrui sopravvivenza. E in tutto questo il web è la chiave di volta.
Pensare che oltre due miliardi di persone, in Cina, dove il PIL cresce a ritmi vertiginosi, dove gli occhi a mandorla ormai controllano l’economia dei bigliettoni verdi, a tutto questo non possono accedere, salvo che nei limiti di una censura frutto dell’ultima dittatura comunista del pianeta, fa rabbrividire. Pensare come il mondo vada a una doppia velocità, dove chi pensa di comandarlo perché informatizzato è in realtà comandato da chi limita l’informatizzazione a pochi eletti, fa riflettere di gran lunga sull’idea di democrazia che abbiamo, che sentiamo di aver conquistato nei secoli e che col “www” è stata così rapidamente messa in crisi, forse distorta nella sua idea fondamentale: democrazia è tale se c’è libertà per tutti. Il ruggito della Cina è, per adesso, ancora un suono che viene dalle caverne, ma col quale, forti del web, dobbiamo rapidamente impegnarci a stanare e sconfiggere.
Andrea Bonacchi
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