Mi hanno detto che non valiamo nulla
Pensavamo che con lo Yacht del "Anche i ricchi piangono" si fosse toccato il fondo dell’ipocrisia: la finanziaria prodiana tutto ha fatto tranne che far piangere le classi dei "padroni", semmai se l’è rifatta con le classi più deboli e con la classe media produttiva, l’unica che porta avanti il paese. Toccato quel fondo restava il rigurgito ideologico: ed eccoci qua.
I miei occhi vedono un manifesto e lo stupore si trasforma in un pronto riflesso: quel manifesto va immortalato. Prendo il cellulare (evviva) e scatto un’istantanea prima che la fila mi trascini via e che il tipo dietro non mi suoni dalla fretta di rincasare.
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Chissà quanti avranno notato questo apparentemente innocuo manifesto, spalmato lì, come tanti. "Ognuno di noi da solo non vale nulla". Firmato: Comunisti Italiani.
La frase è shockante ma partiamo dalla fine, cioè dalla firma: sbagliata. Il celebre motto non è di Diliberto e compagni ma di Ernesto "Che" Guevara, il cui nome pero mi sembra sia stato omesso. E' un po insomma come se un partito di estrema destra si mettesse a produrre manifesti con su scritto "Credere, obbedire, combattere" omettendo la paternità del Nonno.
Facciamo adesso finta di averle viste tutte e sorvoliamo sul fatto che un partito di governo (sic!) produca un manifesto con un tripudio di bandiere rosse, falce e martello ben in vista e una frase pronunciata da un terrorista.
Concentriamoci sulla frase in sè stessa. Non è innocua, badate bene: racchiude tutta la differenza che corre tra noi e loro.
Propagandare che ognuno di noi non vale nulla, se preso come individualità, è un concetto caro alle vecchie teorie veterocomuniste e uno smascheramenteo palese del fatto che gli anni passano, le mamme invecchiano ma lor signori (ha ragione Silvio) restano sempre gli stessi.
Un simile messaggio, lontano da essere una provocazione, rappresenta una rivendicazione ideologica intrisa d'orgoglio: la persona non vale, vale la collettività, la massa. Tu, preso da solo, non sei niente, sei una merda. Da brividi.
Spesso le interpretazioni delle teorie, o perfino di un quadro, si fanno seguendo delle categorie contrapposte, che possono comprendere emozioni, colori o valori. E' un iter più semplice per comprendere anche grosse questioni. Nel concetto espresso in quel manifesto c'è tutta (l'infinita) marea che ci separa da quell'ideologia, tutt'ora fondata su un disprezzo per la persona umana e per le sue (infinite, secondo noi) possibilità.
Figli della rivoluzione francese credono in un'uguaglianza che fa rima con appiattimento morale e aspirazionale di tutti quanti. Noi, discepoli di nessuna rivoluzione, ammiriamo tuttavia quella americana, culmine di un percorso che aveva visto sette anni prima la redazione di una carta che passerà alla storia come uno faro di libertà comune e di libertà individuale:
"Noi riteniamo che le seguenti verità siano di per se stesse evidenti; che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca delle Felicità; che allo scopo di garantire questi diritti, sono creati fra gli uomini i Governi, i quali derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qual volta una qualsiasi forma di Governo, tende a negare tali fini, è Diritto del Popolo modificarlo o distruggerlo, e creare un nuovo governo...."
Dentro il testo è racchiuso un concetto fondamentale, già teorizzato da Locke, che secondo la nostra visione delle cose deve essere prerogativa di ogni individuo: quello di poter lottare contro lo Stato se questo va a limitare o addirittura a negare il diritto, di ognuno, alla ricerca della propria felicità.
Il loro disprezzo verso le possibilità che un uomo ha dentro di sè di ricercare il proprio benessere (materiale e spirituale), di seguire una strada diversa dalla collettività, di distinguersi, di far valere i propri talenti, di mettersi in gioco per rimarcare, in ogni istante della vita il concetto fondamentale della dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti: siamo creati uguali ma la ricerca della felicità, diritto di ognuno, ci porta a seguire percorsi differenti, nel corso dei quali, chi è bravo e chi si da dà da fare riesce (o almeno dovrebbe, all'interno di una società meritocratica).
Lo stato leviatano che tutto governa, compreso le nostre esistenze, è invece il loro credo soffocante. Nel loro messaggio non c'è traccia di meritocrazia, di traguardi, di volontà di realizzare una propria vita felice non grazie all'intervento dello stato o della collettività ma grazie alla personale forza di volontà e ai talenti. Una sfiducia totale nella persona umana, nel suo personale piglio e nella sua iniziativa.
Speriamo che quel manifesto ricordi a qualche altro distratto guidatore quanto noi siamo diversi.
D.M.
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